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Una nuova apertura che è una finestra sul futuro della cucina, nonché un ritorno; il coronamento di un sogno ma anche il punto di partenza per un divenire senza fine che guarda lontano. Il tutto sempre con lo spirito giocoso di un “fanciullo”

di Chiara Di Paola

 

Un ristorante “fanciullo” sulle spalle di un gigante. Pochi tavoli, spazio intimo dall’arredamento minimale e una veranda sospesa sull’acqua, tra terra e cielo: siamo al Nin, il neonato ristorante di chef Terry Giacomello, che ha aperto la scorsa primavera a Brenzone sul Garda, sulla sponda veronese del Lago, nella zona denominata Riviera degli Olivi, ai piedi del massiccio del Monte Baldo. A ospitarlo è il Belfiore Park Hotel, un 4 stelle superior, che è tra le poche strutture di lusso ad attrarre un turismo di alto livello contendendoselo con la più attraente riva bresciana (soprattutto del tratto tra Gargnano e Limone), attraverso un’offerta di qualità in fatto di hôtellerie ma anche, negli ultimi tempi, dal punto di vista dell’offerta ristorativa.

Il “ritorno al futuro” di uno chef sperimentatore

Il ristorante, fin dal nome (“nin”, in friulano, significa “bambino-ragazzo”) è un omaggio alle origini del suo fondatore, chef Terry Giacomello (classe 1969, nato ad Aviano, in Friuli), ma è anche il coronamento di un sogno: quello di portare in riva al Garda la sua idea di ristorazione avanguardista e sperimentale, influenzata dalle molte esperienze svolte all’estero, ma sempre nutrita dai ricordi di casa e alimentata dal desiderio di riproporre sotto nuova forma i sapori rassicuranti che appartengono al passato di chiunque. Il risultato è una cucina “concettuale” e stupefacente, ma al tempo stesso appassionata e “giocosa”, che è la cifra stilistica dello chef ma anche l’evoluzione di un’eredità familiare iniziata in adolescenza, nella trattoria di famiglia a Montereale Valcellina, accanto alla madre Wanda e alo zio del padre.

Da lì, dopo gli studi alla scuola alberghiera di Longarone e le stagioni estive, le esperienze presso alcuni hotel di lusso e i 2 anni, passati come cameriere al servizio della regina Elisabetta, la carriera di chef Giacomello prosegue in contesti italiani e internazionali importanti come la Rosalpina con Norbert Niederkofler, in Alto Adige; il Met con Corrado Fasolato, a Venezia; il Mugaritz con Andoni Luis Aduriz in Spagna; il Noma con Renè Redzepi, a Copenaghen; il D.O.M. con Alex Atala, Marc Veyrat e Michel Bras; l’El Bulli di Cala Montjoi con Ferran Adrià e il Four Season di Milano con Sergio Mei. Il primo grande traguardo di questo percorso è stato l’apertura di Inkiostro, il suo ristorante a Parma, dove chef Giacomello conquista la Stella Michelin proponendo una cucina tutt’altro che tradizionale, frutto di un’identità gastronomica ormai divenuta unica, forte e del tutto personale, sempre alimentata da un’infinita passione e curiosità.

Proprio da questo incessante desiderio di scoperta e sperimentazione è nato il progetto del Nin: non un semplice ristorante bensì un vero e proprio laboratorio culinario in cui dare vita a esperienze gastronomiche che rappresentino un vero e proprio viaggio sensoriali in grado di coinvolgere tutti i sensi: non solo il gusto, ma anche la vista, l’olfatto, il tatto e l’udito.

Una cucina unica, irriverente, democratica e libera dalle etichette

La proposta di chef Giacomello è caratterizzata da un insaziabile bisogno di libertà espressiva, di ricerca, di creazione e di originalità, nonché dal desiderio di divertire ed emozionare.

Dopo un temporaneo addio alla cucina, è stato proprio questo spirito “rivoluzionario”, alimentato dal bisogno di mettersi sempre in discussione, di rinnovarsi e di stupire guardando oltre i confini, a spingere il mirabolante chef verso la nuova avventura del Nin: il neonato ristorante che porta la sua firma e propone una ristorazione estrema, ma al tempo stesso affidabile, umana e impeccabile, seppur irriverente e irresistibile per gli spiriti (gastronomici) liberi del panorama nazionale e non solo.

Qui la cucina è un vero e proprio laboratorio, in cui la manipolazione del cibo segue i dettami dell’approccio “molecolare”, che impone e consente di utilizzare gli ingredienti andando al di là del loro sapore e della loro naturale consistenza, per considerarne la composizione chimica e le possibili trasformazioni fisiche.

Un menu caleidoscopico

Il mondo di chef Giacomello è una stratificazione di tradizione e originalità, attaccamento al passato e ricerca della “diversità”; un’unione di tecnica e gusto basata sulle eccellenze alimentari provenienti da tutto il mondo, che lo chef  fa incontrare con la materia prima del territorio (nonché con la cucina di casa sua, in Friuli), trasformandole in azzardi culinari che, tra libertà creativa e rimandi alla tradizione gastronomica, offrano al cliente la possibilità di sperimentare ciò che non può trovare altrove.

Per questo, ma anche per non tradire la propria identità, “copiare un piatto” per Terry Giacomello è un divieto assoluto; mentre l’impegno a divertire ed emozionare il prossimo è un dovere morale, che affonda nella capacità di mettersi sempre in discussione e imparare sempre qualcosa. Il risultato di questo connubio è una creatività che, a volte, è anche difficoltà e sofferenza, sacrificio ed esercizio di pazienza. L’obiettivo? Soddisfare il cliente che siede a tavola, ma anche chi sta in cucina, che non si accontenta della buona riuscita di un piatto ma punta a rivederlo in continuazione, per migliorarlo e rinnovarlo attraverso suggestioni nate “altrove” (in senso fisico-geografico o temporale).

Gioco, sperimentazione e impegno etico per la sostenibilità

Per sua stessa ammissione, chef Giacomello in cucina è come un bambino che gioca, prova e riprova, fino a quando non raggiunge quello che vuole o non scopre ciò che riesce a lasciarlo a bocca aperta. Il risultato di questa incessante ricerca, dettata dal desiderio di andare “oltre” la riposante monotonia del già noto, unita al fascino per l’azzardo e a un estro creativo provocatorio ma garbato, rispettoso del palato dell’ospite, sono piccoli capolavori gastronomici tanto rassicuranti quanto spiazzanti, ma sempre capaci di stupire e divertire l’ospite.

Tutti i suoi piatti sono coerenti con una filosofia di cucina “eccezionale” (nel senso letterale del termine): una cucina identitaria e d’autore, portata avanti con costanza e coerenza, ma sempre innovativa perché basata sul dinamismo complesso degli equilibri nel piatto, sulla sintesi perfetta di tecnica (e tecnologica) e artigianalità, sull’attenzione maniacale per il gusto e i dettagli estetici, nonché sulla capacità di cogliere e valorizzare ciò che la Natura offre. Un aspetto fondamentale dei piatti di chef Giacomello è infatti la sostenibilità, che passa attraverso la scelta di ingredienti il più possibile naturali e di prossimità, la pratica del foraging (cioè la raccolta delle erbe spontanee e dei frutti selvatici), l’autoproduzione di frutta, verdura e spezie (all’interno di orti e serre prossimi al ristorante) nonché l’impegno per lo “spreco zero” in cucina. Così al Nin non esistono scarti: le squame e le pinne dei pesci vengono fritte, essiccate, soffiate; i tendini di vitello e la cartilagine di pollo  diventano protagonisti di piatti che rivoluzionano la familiare “banalità” di ricette come la Pasta in Bianco e il Pollo arrosto; e il legno stesso diventa edibile grazie all’applicazione di un particolare enzima in fase di preparazione.

In più, Terry ha scelto di rifornirsi da aziende in linea con una filosofia di cucina etica, che producono in modo rispettoso dell’ambiente e delle persone.

Due menu degustazione “giacomelliani”

La carta del ristorante prevede due menu: il “percorso Nin” (13 portate per 140 euro, più 90 euro di abbinamento vini) frutto di 6 mesi di lavoro, e il “percorso Classici TeGi” (9 portate a 110 euro, più 70 euro di abbinamento vini), più una selezione di piatti da scegliere liberamente al di fuori dei due percorsi.
Tutte le proposte restituiscono un mix di tradizione, tecnica, innovazione, ricordi, rievocazioni e tributi emozionali, nonché delle esperienze vissute e “assaporate” dallo chef nei suoi viaggi attorno al mondo.

Nel menu “Nin” questo si traduce una presenza importante di piatti esotici che uniscono dolcezza, piccantezza, umami e acidità: il Myoga (bocciolo di zenzero, spuma di shropshire e azuki rossi); il Loto volante (radici di loto all’agro, salsa olandese al burro tostato, Mole verde e olio al Tagete); l’Espardenya (cetriolo di mare, Pil Pil della sua pelle, Mentaiko -uova di merluzzo d’Alaska marinate, un ingrediente tipico della cucina coreana e giapponese- e pasta di Sakè); il Raviolo d’alga (alga iso no yuki ripiena di paté di topinambur, con aceto di riso e tamarillo o “pomodoro d’albero”). Questi sono alternati o sapientemente abbinati con elementi nazionali, come in Dal Garda alle Ande (un intermezzo a base di succo di limone solido, sciroppo di zucchero e pisco peruviano, che resetta il palato dopo gli amuse bouche di benvenuto); Omaggio al Friuli (cremoso di mais dolce con salsa di Huitlacoche e Morchia, rivisitazione della ricetta storica del toc’ in braide, un piatto unico friulano a base di polenta condita con un cremoso “intingolo nel podere” a base di latte, panna, burro e Parmigiano); Capelli d’angelo (spaghetti di siero di Parmigiano, brodo di funghi e alga Kelp); Animella a modo mio (laccata al Setubal, Tucupi -il succo giallo estratto dalla radice della manioca selvatica sbucciata, grattugiata e spremuta-, Coriandolo vietnamita e polvere Satay -ottenuta dalla salsa a base di arachidi tipica della cucina asiatica e in particolare dell’Indonesia-); Ricordo di mio zio (soffice di patata e fondo di carne) e Limone dimenticato (un limone sbianchito, candito in calce alimentare, acqua e lattosio, poi inoculato con Penicillium roqueforti – la stessa muffa del gorgonzola – e farcito di mousse di limone e limone nero iraniano). Lo spunto? Un fortuito rinvenimento nel frigorifero da parte dello chef dopo una sua lunga assenza da casa. La dimostrazione concreta di come l’ispirazione per un gran piatto possa venire davvero dalla vita quotidiana.

Il percorso Classici TeGi propone piatti meno funambolici dal punto di vista degli ingredienti e dei sapori, ma non rinuncia alla sperimentazione estrema nel trattamento della materia prima né alla sua presentazione innovativa e talvolta dall’effetto “optical”. Tra questi ci sono la Spirale d’uovo (un’alternanza di tuorlo, zuppa di albume agria e complementi aromatici che instillano scosse piccanti e acide alle papille), la Caprese 2023 (maionese di mozzarella, cous cous di pomodoro liofilizzato, caviale di semi di basilico reidratati nella loro acqua, neve d’acqua di mozzarella, meringhe d’acqua di pomodoro chiarificata, pomodorino sbollentato e guarnizione con foglioline di basilico); la Medusa (midollo di tonno, succo di pomodoro traslucido, pasta di curry rosso, polvere di pepe Sansho, variazione di alghe: wakame, dulse e Gigartina pistillata, cappero di mare, muschio stellato e Codium); il Tagliolino al bianco d’uovo (albume cotto, disidratato e tagliato a striscioline, condito con il suo tuorlo, fonduta di parmigiano e caviale di tartufo nero sferificato); Ricordi emiliani (mezzamanica di gelatina di prosciutto crudo, salsa di torta fritta frullata con brodo di pollo e gocce di aceto balsamico invecchiato); Spaghetto del lago (spaghetto a spirale, colatura di alici di Recco, sarde e marmellata di cipolla rossa) e Castagnola (piatto a base di ghiandole mandibolari del maiale, servite con spuma di cocco e salsa alle radici piccanti). Per concludere c’è Corteccia (dessert a base di fibra di nocciola IGP del Piemonte essiccata, tè Macha, salsa al polline, licheni e polvere di frutto della passione).

Ad accompagnare il tutto, una selezione di più di 500 etichette, tra vini italiani ed esteri. Ma l’offerta nel calice si amplia a altre bevande non solo alcoliche: kombucha, tè fermentati e cocktails.

La brigata

Ad affiancare chef Giacomello nella sua ultima avventura c’è una squadra giovane e motivata che condivide i suoi stessi valori e il medesimo desiderio di “fare sempre qualcosa di nuovo”: in cucina il sous chef Mirko Pacifico (già suo braccio destro all’Inkiostro di Parma), proveniente da esperienze in ristoranti di alto livello come Condividere di Torino, Il Porticciolo – Hotel Belmond Cipriani di Venezia, insieme ad Alessandro Amanti, Thomas Zugliani e Giacomo Mioranza. In sala invece ci sono il maître è Francesco Luchetti, il giovanissimo ma competente sommelier Giovanni Boscaro e i camerieri Andrea Brugnoli, Arianna Valeri e Stefan Plankensteiner, artefici di un servizio discreto, competente, cordiale ed emopatico. Infine, ad accogliere i clienti con un buon cocktail aperitivo o a salutarli con un after dinner c’è il mixologist cubano Alejandro Rodriguez, sorridente e capace di esprimere in ogni gesto la passione per ciò che fa.

Futuro prossimo 

Fin dall’inaugurazione considerato tra le migliori aperture del 2023 e recentemente annoverato tra i nuovi 24 locali entrati a far parte della Guida Michelin Italia 2023, il Nin è dichiaratamente un progetto in continua evoluzione, un cantiere aperto, un laboratorio in cui si sviluppano idee sempre nuove, che coinvolgono tutti gli aspetti del ristorante: a partire dal menu, che evolve e si trasforma in base alle stagioni e sulla scorta dell’ispirazione creativa dello chef e della sua brigata, fino alle fonti di approvvigionamento degli ingredienti, che variano seguendo un’ottica di sostenibilità (per esempio è in progetto la creazione di un orto per la coltivazione idroponica, cioè di prodotti che crescono in acqua) e stagionalità (da marzo a ottobre).

A ragione si può dire che il nuovo viaggio di chef Giacomello ha preso le mosse sotto i migliori auspici e ha riscosso un immediato successo. Non resta che attendere e assistere a ciò che il Nin diventerà in futuro, con la certezza che non mancherà l’effetto sorpresa!

Belfiore Park Hotel
via Zanardelli 5 – Brenzone sul Garda (Verona)
tel. +39 045 7420179
ristorantenin.it

 

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