Grande “ragionevolezza” nell’offerta di Filippo (Daniele) Giaccone: figlio d’arte, è l’erede del grande Cesare che, a pochi metri, conduce la sua mitica “Bottega”, già Ristorante dei Cacciatori, ora luogo di culto gourmet ricco di memoria, calore, umanità. Ma anche di gusto e sapori memorabili. A pochi metri dalla Bottega di Cesare, Filippo (classe 1973) ha ovviamente recepito il grande sapere culinario del padre (lavorando presso la trattoria di famiglia fino al 2004), mettendosi poi “a disposizione totale” della ricerca del bello, non solo in fatto di cucina ma, oserei dire, anche lungo la complessa strada dell’esistenza: materia nella quale i Giaccone sono esperti. Le sue esperienze professionali e umane sono tante e variegate: in Germania, con lo chef Stefan Steinheuers, a Los Angeles, con il grande chef romagnolo Gino Angelini, un maestro per molti, a San Patrignano con Muccioli, ma anche in Grecia, a Mykonos, dove è stato per un breve periodo il mentore culinario di un appassionato gourmet canadese). Il richiamo delle Langhe, però, è troppo forte: solo chi conosce e ama questi luoghi può capirlo. Così, quattro anni fa, il ritorno alle origini, nell’antica sede dell’Osteria dei Cacciatori, quella dove il nonno Filippo detto Lipinet (suo omonimo e padre di Cesare) iniziò l’attività. Il ritorno in Piemonte, per Filippo, ha significato mettere esperienza, passione e competenze al servizio delle proprie origini e, soprattutto, assecondare i propri sentimenti, abbinando la nostalgia per un passato ricco di memoria alla volontà di esprimere la propria linea di cucina. E che cucina! Veniteci per comprendere cosa voglia dire “cucina del territorio”, oltre ogni banalità, oltre i tanti luoghi comuni che usano questo termine a sproposito. Da Filippo, affiancato da Silvia, moglie e compagna di vita professionale, si gusta la linea più tradizionale della cucina langarola, ma fuori dagli schemi “acchiappaturisti” a cui tanto Piemonte ci ha ahimé abituati. I piatti di Filippo sono di assolutà originalità, dominati dalla freschezza delle materie prime e dalla stagionalità: “il” cotechino con fondo di lenticchie e crema di parmigiano, carciofi caldi all’olio extravergine con scaglie di parmigiano reggiano 36 mesi “vacche rosse”, carne cruda tagliata al coltello servita con sale grosso e sedano fresco, vellutata di fagioli dell’occhio, tagliatelle larghe “italiane” con ragù d’anatra, coniglio allo spiedo con patate (“non posso toglierlo dal menù” ammette Filippo), carrè di vitello (il controfiletto) alla pietra langarola, bonet, zabajone, tiramisù con le nocciole purissime di Silvano Bruna, cascina Valcrosa di Lequio Berria. Una apoteosi di piatti apparentemente semplici nelle definizioni, ma frutto di un sapere antico che regala sapori distinti e memorabili. Grande selezione di formaggi langaroli. Se poi volete “entrare” nella cucina di Filippo, optate per il menù denominato “Lascia scegleire a Filippo…”: 35 euro per cinque portate indimenticabili. La carta dei vini, ricca e di levatura internazionale, consente di spaziare da grandi bollicine a rossi di struttura e blasone: qualche etichetta di Francia, ma anche molto Piemonte: provate il dolcetto di Danilo Cardelli, che ha le vigne proprio qui ad Albaretto e che produce un vino di ottima beva, un po’ controtendenza rispetto a certi “vinoni” troppo uguali fra loro. Con un particolare non trascurabile: i ricarichi di Filippo sono onesti, più che onesti. www.filippogiaccone.com
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