di Massimo L. Andreis
“Cosa definisce l’identità della mia pizza? Essere presente dall’inizio alla fine della sua preparazione: dall’impasto a lenta lievitazione ideato da mio padre al momento in cui arriva in tavola”. La spiega così, in maniera semplice ma efficace, l’essenza del suo successo Salvatore Lioniello, pizzaiolo campano che da Napoli ha portato a Milano la proposta che tanto riscontro ha avuto nel locale di Succivo, in provincia di Caserta.
Nato a Orta di Atella 36 anni fa, è grazie alla ricetta del compianto papà Nicola che – rende – la sua pizza “digeribile, leggera e golosa” – che – Salvatore Lioniello ha conquistato 3 spicchi nella Guida pizzerie 2024 del Gambero Rosso, è entrato al 20° posto della classifica 50 Top Pizza Italia 2023 e al 37° della Top 50 mondiale. Riconoscimenti che vanno di pari passo con la lievitazione dei consensi reali e virali, come testimonia il milione di like ricevuti su TikTok dal “pizzaiolo con il cappello”, come è meglio conosciuto Lioniello sui social. Che, alla passione per il suo lavoro ci è arrivato per caso, o meglio – oggi dice – per colpa e merito di un destino a un tratto avverso, dopo una adolescenza durante la quale tutto avrebbe pensato di fare tranne che il lavoro del padre.
“Andavo a trovarlo in ospedale quando si è ammalato e lo rassicuravo: ‘Tranquillo papà, al ristorante va tutto bene, tu non ti devi preoccupare'”. Nasce lì, in un momento di dolore, la sua vocazione per questo mestiere. Che Lioniello ha poi coltivata e ampliata con i suoi numerosi viaggi in Estremo Oriente, “che mi hanno fatto crescere mentalmente e creativamente, instillando in me il desiderio di rivoluzionare il mondo della classica pizzeria”, racconta. E poi spiega: “Non bastano un bancone, dei tavoli e uno o più forni: l’esperienza che voglio far vivere al cliente deve essere a 360 gradi”.
Aperto a pranzo e a cena, nel locale meneghino di via Friuli, zona Porta Romana, la carta delle pizze riprende quella di Succivo, con gli irresistibili antipasti fritti, le pizze fritte, quelle tradizionali e quelle “a modo nostro” (una categoria di pizza “diversamente napoletana”) per cui Lioniello è diventato famoso mediaticamente.
Un passo indietro: la carriera, anzi, la vita di Salvatore Lioniello ha una svolta nel 2014, quando viene a mancare il padre e lui vince un campionato di pizza in teglia e dedicandogli la ricetta. Inizia una nuova fase professionale. Introduce miglioramenti strutturali al locale di famiglia, il Bar Pizzeria Principessa Belmonte, e sperimenta nuove tecniche di preparazione della pizza, ampliando il suo business attraverso la versione “diversamente napoletana”, appunto, basata su un pre-impasto fermentato, che diventa il suo marchio distintivo, insieme al cappello. Nel 2017 chiude la vecchia pizzeria e apre a Succivo un luogo contemporaneo con 150 posti a sedere.
Sono 110 invece quelli della location milanese, il cui layout del ristorante ricalca quello del locale originario, con una serie di interventi aggiuntivi voluti da Salvatore Lioniello, per rendere l’esperienza ancora più attraente e coinvolgente: di qui i pannelli in legno, le lampade contemporanee, le maioliche bicolori di Vietri firmate da Francesco De Maio, ma soprattutto, in linea con il suo “marchio di fabbrica”, il forno a cappello.
Quattro tavoli rotondi sono riservati alle degustazioni in una zona separata del piano principale del ristorante di Milano mentre al piano inferiore è disponibile una saletta privata con un tavolo da 14 posti. Qui si trovano, oltre alla cantina dei vini, gli spazi di servizio: la camera per la lievitazione, le cucine, la dispensa, i locali spogliatoio e un ampio laboratorio.
Tra le pizze create da Lioniello, spicca l’amata “My Dad”, vincitrice del Mondiale 2014, con salsiccia, provola affumicata e Parmigiana; il “Sandwich di pizza”, padellino multicereali con Parmigiana, stracciata e un tris di pomodori stracotti; senza dimenticare “A casa rà nonna“, una montanara fritta e asciugata al forno, con il ragù napoletano.
Inizialmente, a Milano nella varietà di pizze ci sarà una sola Ruota di Carro, la “Cosacca-Ritorno al passato”, perché per servirne più tipologie ci vorrebbero due forni accesi in contemporanea, come a Soccavo.
L’offerta è completata da una selezione di vini campani, incluso l’apprezzato Asprinio di Aversa, varietà autoctona che cresce maritata a pioppi e gelsi in vigna alberata alta fino a 15 metri, unitamente a etichette da tutta Italia, oltre alle birre alla spina. Senza dimenticare la selezione di dolci campani di Salvatore Tortora.
Da un locale a conduzione familiare di successo che sforna anche 500 pizze al giorno, dove arrivano clienti da tutta la regione e persino dall’estero attratti dai post sui social, con Salvatore che prepara l’impasto e farcisce le pizze, il fratello Michele che si occupa del forno, la mamma Angela che sta alla cassa e la moglie Anna che si occupa della sala (e tutti assieme di tre figli…), viene spontaneo chiedere perché il salto a Milano? “Perché è il trampolino di lancio ideale per un progetto in divenire un nuovo format take away che vedrà la luce nel 2024″.
Intanto, causa il costo del trasporto dell’80% della materia prima impiegata a Milano “che viene da giù”, il sovraprezzo di 1 euro circa a pizza. Discorso a parte per la Margherita, proposta all’ombra della Madonnina a 8,50 euro, contro i 6 del locale campano: “Mi sono solo adeguato agli standard milanesi, dove il costo medio varia da 8 a 9 euro…”. Ahinoi, come dargli torto…