A Valdobbiadene si celebrano gli 80 anni di Graziano Merotto, pioniere del Prosecco Superiore. Che per l’occasione torna alle origini con un Metodo Classico Rosé, un omaggio alle radici e alla famiglia, la compianta moglie Rossella in primis. Un cerchio che si chiude? Nient’affatto: alla presenza di parenti, amici, produttori, del sindaco di Farra di Soligo e del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, si festeggia una vita dedicata alla vigna, dove sarà il nipote Nicola Rizzetto a raccogliere il testimone – da un nonno – d’eccezione
di Massimo L. Andreis
Nel cuore delle Colline Patrimonio Unesco di Valdobbiadene, dove le vigne disegnano geometrie verticali sul paesaggio e la storia si intreccia con la vigna, si è celebrato un anniversario che profuma di terra e di visione. Graziano Merotto compie 80 anni. Un vero artigiano del Prosecco Superiore, imprenditore coraggioso, custode di una tradizione che affonda le radici agli inizi del Novecento, quando il nonno Agostino iniziava a “sentire la terra” – quel dono raro di intuire a ogni stagione lo sviluppo della vigna, la maturazione delle uve, l’espressione dei frutti.
Alla presenza di parenti, amici, produttori, del sindaco di Farra di Soligo e del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, la festa diventa testimonianza di un’epoca e celebrazione di un ritorno alle origini. “Perché siamo qui?” si domanda Merotto davanti agli ospiti. “Per festeggiare 80 anni (così mi dicono…) e 40 anni dal primo Metodo Classico che avevo prodotto. Per questo anniversario sono tornato proprio al Metodo Classico, come per chiudere un cerchio”.

Un po’ di storia (umana e professionale)
Marzo 1972. Graziano Merotto, fresco di studi alla Scuola Enologica di Conegliano sotto la guida di maestri come Tullio De Rosa, fonda la sua cantina. Ha 1.400 metri di terreno coltivabile e un ingrediente che vale più di qualsiasi ettaro: il coraggio. Inizia con un vino Sur Lie da uve Glera, ma è il Pinot Nero a rapirgli il cuore. L’Olchera è il suo primo vigneto, poi arriva la leggendaria Particella 86 nel 1973, sottratta al bosco, un appezzamento che ancora oggi rappresenta il cuore dell’azienda.
Affascinato dal Metodo Classico, negli anni Ottanta acquista le prime pupitres e inizia a sperimentare, quasi in sordina, producendo pochissime bottiglie per consumo personale. Lavora in prima persona le vigne, a mano, con quella dedizione che l’enologo-poeta Piero Berton descriverà così: “Graziano Merotto opera con tenacia nella sua terra. Ha intuito, concretezza e amore per il suo lavoro. Vuole rimanere modesto, semplice, aperto, sensibile. Suggerisce la sobrietà, virtù sovrana per rapire ai suoi calici arte e sorriso”.

L’arte di restare se stessi
Quando entra in azienda la prima autoclave, Graziano abbraccia il Metodo Martinotti-Charmat sotto la guida di Berton. Negli anni Novanta crea La Primavera di Barbara, dedicata alla figlia, un Prosecco di alta qualità progettato fin dalla selezione del vigneto – scelta pionieristica per l’epoca. Ma è nel 2009 che arriva il capolavoro: la Cuvée del Fondatore, messa a punto dopo anni di sperimentazioni, la cui prima vendemmia coincide con l’introduzione della DOCG nell’area di Conegliano Valdobbiadene. Il Gambero Rosso la premierà con i Tre Bicchieri ininterrottamente dal 2010, allora una vera rarità per il Prosecco.
Eppure, quando l’onda del Prosecco si fece tsunami nel mondo, qualcuno gli suggerì: “Perché non produciamo anche noi un bel prosecchino da 4 euro e ci sistemiamo una volta per tutte?” La risposta di Graziano fu chiara, inequivocabile, definitiva: “Perché io non so fare un vinello così.” Oggi Merotto produce 650mila bottiglie, una nicchia nella DOCG del Prosecco – la più grande del mondo – che non punta sull’espansione produttiva ma sulla ricerca e sulla preservazione della qualità.


La religione della terra
“La terra come un’entità viva, a cui si devono amore e gratitudine. I suoi frutti sono doni che l’uomo deve meritare con un tributo quotidiano di fatica, attenzione e rispetto”. È la filosofia in cui Graziano ha creduto fin dall’inizio. Una fiducia oggi ripagata, che si legge nel suo volto segnato dalla vita nei campi, nel suo sguardo limpido, nella sua possente stretta di mano. Gli viene riconosciuta umiltà, trasparenza, senso di onestà e ospitalità: gli autentici valori contadini che contribuiscono a renderlo una persona speciale.
I suoi vigneti si trovano tra Col San Martino, Farra di Soligo e Collalto, nel cuore di un territorio che fin da tempi remoti, per le sue alte pendenze, consentiva solo pastorizia o coltivazione della vite. La collina veniva domata a mano attraverso terrazzamenti che ne sagomavano le forme, creando quel paesaggio culturale oggi Patrimonio Unesco. Una menzione speciale va alle Rive di Col San Martino Particella 86, a 230 metri sul livello del mare, appartenenti alla famiglia dal 1973: una vera gemma nel panorama vitato del Prosecco Superiore.

Vini come figli, con nome e cognome
“I miei vini sono tutti diversi fra loro e hanno nomi propri per comunicare i diversi caratteri, proprio come le persone”, confida Graziano. “Ci sono però tre elementi che li accomunano: la freschezza gustativa, la fragranza del frutto e l’alto punto di bevibilità. Questi sono i requisiti che cerchiamo per creare armonia ed equilibrio nel bicchiere”.
La Cuvée del Fondatore nasce da una sfida: dimostrare come si possa produrre un grande brut senza perdere le caratteristiche aromatico-gustative peculiari del Prosecco. Le uve della Particella 86 subiscono la DMR – Doppia Maturazione Ragionata: venti giorni prima della vendemmia, il 20% dei tralci viene reciso e i grappoli restano in pianta, subendo un leggero appassimento che concentra gli aromi conservando l’acidità. Segue una rifermentazione lunga, oltre sei mesi, un metodo accomunabile al Metodo Classico perché sfrutta il principio di lisi dei lieviti, donando al vino complessità unica.

Il cerchio che si chiude. Pronto a riaprirsi…
In occasione del suo ottantesimo anno, Graziano ha deciso di riallacciare un filo tra memoria e futuro. Nasce così il Metodo Classico Rosé Pas Dosé 2022, da Pinot Nero in purezza, di cui ora si può degustare una piccola prima sboccatura. Un omaggio alle radici, alle sfide, e soprattutto alla famiglia: l’etichetta è dedicata a Rossella, preziosa compagna di vita e lavoro, il cui nome si legge in sottofondo nella desinenza. Un sentito omaggio a una persona indimenticabile.
“Siamo parte del sistema vitivinicolo del Prosecco, e ne rispettiamo le logiche e gli interessi, ma pensiamo di poter rappresentare una delle sue punte di diamante”, se non lo dice aperatemnte, fa capire Merotto. I prezzi del suo Prosecco non possono raggiungere i livelli che impegno e qualità permetterebbero, ma l’obiettivo non è mai stato il profitto a tutti i costi. “È sempre stato fare vino di qualità, punto”, la degna conclusione di un pensiero chiaro e onesto.

Terra di confine, dove non si spara: si coltiva vite (e vita)
Quella del Prosecco è una terra di confine: poco lontano da qui ci sono ancora pezzi di trincee lungo le statali, e sacrari dove riposano le spoglie di migliaia di giovani che 100 anni fa hanno sacrificato la vita per un’idea che oggi appare quasi evanescente: la Patria. Molti di loro sono probabilmente morti lungo il corso del vicino Piave (proprio lui: quello della cazone in cui “non passa lo straniero!”, grido di guerra dopo Caporetto e viatico al trionfo di Vittorio Veneto, ndr), che in ere geologiche ha scavato questa valle, tanto bella da essere Patrimonio Unesco.
Oggi in quelle stesse terre ci sono ancora figli d’Italia che continuano a rappresentare il meglio del loro Paese, portandone il buon nome nel mondo: non più imbracciando fucili ma coltivando viti! Certo, non tutto ciò che fa parte della “marea Prosecco” è considerato un esempio del meglio del made in Italy. Ma è proprio grazie ad aziende come Merotto che questa “accusa cade” nel vuoto.


I numeri di un successo planetario
“Una bollicina su tre che si beve nel mondo oggi è italiana“, sottolinea Luca Zaia, intervenuto durante i festeggiamenti. “Un risultato a cui il Prosecco concorre come protagonista assoluto: veleggiamo verso il miliardo di bottiglie contro i 450 milioni dello Champagne”, dichiara (e un po’ auspica, e un po’ azzarda, ndr) il presidente del Veneto. Un traguardo a cui lo stesso politico ha contribuito, spendendosi per il riconoscimento Unesco ottenuto nel 2019, (anche) grazie al quale, come dice con giusto orgoglio, oggi la zona attrae un milione di visitatori all’anno.
“Ma se a monte di questo successo non ci fossero stati i nostri agricoltori”, si domanda Zaia retoricamente, “cosa sarebbe oggi di questo territorio? Di queste colline?”. E’ dunque doveroso dire grazie a gente come Graziano, “un veneto che ci ha creduto, che non ha mai mollato e che insieme alla sua compagna Rossella, purtroppo scomparsa, è tra i protagonisti di questa storia collettiva di successo”, prosegue. Per poi aggiungere: “Sono sicuro che adesso lei è qui, che festeggia con noi i tuoi 80 anni Graziano, e guarda con protezione suo nipote Nicola, che a 21 anni è pronto ad affiancare il nonno”. Poi, riferendosi direttamente al giovane studente di Agraria, conclude: “In questi anni di frequentazione con tuo nonno, coi tuoi nonni, ti ho visto crescere come le barbatelle, Nicola: adesso tocca a te rimboccarti le maniche e mettere a frutto tutti gli esempi che hai ricevuto e hai la fortuna di ricevere ancora a lungo”.

Il testimone
E’ vero: gli 80 anni di Graziano Merotto sono anche testimonianza di un’imprenditorialità coraggiosa che forse oggi non sarebbe più possibile replicare. Una carriera che vuole essere simbolo di una capacità di fare impresa e fare vino del territorio, nella quale altri produttori locali possano riconoscersi. E, al tempo stesso, un’ispirazione per i giovani che oggi vogliono iniziare a fare impresa nel settore del vino, tra quelle stesse colline.
Con le mani ancora nella terra, lo sguardo che abbraccia le vigne della Particella 86 e il sorriso di chi ha vissuto pienamente ogni stagione, Graziano Merotto chiude il suo cerchio ma ne apre uno nuovo: ne è plastica e godibile manifestazione il Metodo Classico Rosé creato per l’occasione e questi festeggiamenti circondato da tante persone, familiari in testa. Un abbraccio al passato e una stretta di mano al futuro, la conferma che la qualità non passa mai di moda e che il coraggio di distinguersi resta, sempre, la scelta migliore.

I quattro momenti di una lunga festa
Numerosi gli eventi che hanno celebrato gli 80 anni di Graziano Merotto: da un pranzo e una verticale con la Cuvée del Fondatore (e qualche variazione, ndr) in azienda con un gruppo di giornalisti, alla cena presso il ristorante La Locanda Da Lino di Solighetto la sera di sabato 18 ottobre, fino ai festeggiamenti ufficiali con centinaia di invitati la mattina di domenica 19 ottobre. Ecco alcuni degli gli scatti più belli di questi momenti.
Il pranzo in azienda:




La verticale:







La cena alla Locanda Da Lino:









I festeggiamenti:









Highlights
Il ritorno alle origini: Quarant’anni dopo il primo esperimento, Graziano Merotto torna al Metodo Classico con un Rosé Pas Dosé da Pinot Nero, chiudendo simbolicamente un cerchio di passione e dedizione.
Una vita nella vigna: Dal 1972, Graziano lavora personalmente le sue vigne seguendo una tradizione trasmessa dal nonno Agostino, che agli inizi del Novecento iniziò a “sentire la terra” sulle colline di Col San Martino.
La scelta della qualità: Quando gli proposero di produrre “un prosecchino da 4 euro”, Merotto rispose senza esitazione: “Io non so fare un vinello come quello.” Oggi produce 650mila bottiglie, una nicchia di eccellenza.
Tre Bicchieri dal 2010: La Cuvée del Fondatore, nata nel 2009, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento del Gambero Rosso ininterrottamente dal millesimo 2010, allora una rarità assoluta nell’area del Prosecco.
La Particella 86: Acquistata nel 1973 e sottratta al bosco, questa vigna a 230 metri di altitudine a Col San Martino resta il cuore dell’azienda, gemma del panorama vitato del Prosecco Superiore.
Doppia Maturazione Ragionata: Innovazione e tradizione si incontrano nella DMR: venti giorni prima della vendemmia, il 20% dei tralci viene reciso per concentrare gli aromi mantenendo l’acidità, prima di una rifermentazione di oltre sei mesi.
Il successo italiano: Come ricorda il presidente Zaia, una bollicina su tre nel mondo è italiana. Il Prosecco viaggia verso il miliardo di bottiglie contro i 450 milioni dello Champagne, con Merotto tra le punte di diamante.
Patrimonio Unesco: Dal 2019 le Colline di Conegliano Valdobbiadene sono Patrimonio Mondiale, territorio che attrae un milione di visitatori all’anno grazie a un paesaggio culturale creato dai terrazzamenti vitati.
Dedicato a Rossella: L’etichetta del nuovo Metodo Classico nasconde un omaggio alla compagna di vita e lavoro di Graziano, scomparsa, il cui nome si legge in sottofondo nella desinenza, segno di un amore che continua.
Il testimone a Nicola: A 21 anni, il nipote Nicola è pronto ad affiancare il nonno, cresciuto “come le barbatelle” tra le vigne. Un passaggio generazionale che garantisce continuità a una storia di eccellenza e coraggio.




