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Il cuoco ferrarese cinque stelle Michelin ha celebrato – in ritardo – i suoi 70 anni con una cena esclusiva presso Identità Golose Milano, ripercorrendo la sua carriera attraverso piatti iconici e creativi che ne riassumono filosofia, estro ed esperienze in cucina

di Chiara Di Paola

“Tutto scorre, cambia e ritorna”: una massima che riassume non solo il pensiero dei primi filosofi greci – da Eraclito in poi – ma anche la vita e la concezione di cucina di Igles Corelli. Ferrarese di nascita e cosmopolita per aspirazione, lo chef fautore del concetto di “cucina circolare” ha da poco compiuto 70 anni e ha voluto festeggiare lo scorso 21 ottobre con una cena esclusiva nel ristorante Identità Golose Milano, il primo hub internazionale della gastronomia, in via Romagnosi 3. È stata l’occasione per rievocare il senso di una cucina di carattere, capace di esprimere la personalità dello chef, senza indugiare sul concetto abusato di “tradizione” né cedere all’innovazione fine a se stessa.

Ritorno e cambiamento. Circolarità dentro e fuori dalla cucina

Non a caso chef Corelli, il primo in Italia ad adottare e promuovere un approccio agli ingredienti basato sull’assoluto rispetto dei prodotti, in cui nulla viene trascurato o buttato, non dimentica le tappe della propria carriera e non rigetta ciò che è “passato”, ma sceglie di ripercorrere la sua storia nel mondo della cucina attraverso alcuni piatti ereditati da esperienze eterogenee, non necessariamente considerati iconici della sua cucina, ma comunque significativi per il suo percorso di costante evoluzione e crescita.

Un menu creativo e fusion… ma non troppo

Per la serata a lui dedicata, lo chef ha proposto un menu concepito come un viaggio attraverso le quattro decadi della sua attività, con un susseguirsi di piatti che nell’insieme compongono una vera e propria antologia, nonché un manifesto di coerenza fatta di conservazione e riconoscibilità del gusto, ma anche di coraggio di osare e ricerca di innovazione creativa:

La cena si è così aperta con l’entrée Pappa al pomodoro che si crede un hosomaki, un piatto ideato nel 2007 e presentato anche in televisione nel 2019, durante una puntata del programma La Prova del Cuoco con il nome di Sushi di panzanella, che unisce la tradizionale del piatto tipico toscano con la tecnica preparazione del sushi, utilizzando però le foglie di bieta in sostituzione all’alga nori e olio al basilico in alternativa a qualsiasi salsa orientale. Una ricetta creativa ma fusion solo all’apparenza, che rappresenta a pieno lo stile di cucina di chef Corelli, che ama rivisitare piatti della tradizione italiana in modo sorprendente, con tecniche insolite ma gusti riconoscibili, creando combinazioni sorprendenti di estetica e gusto.

L’antipasto ha visto protagonista la Cipolla d’oro: una ricetta che risale al 1989, nata dall’idea di rivisitare il fegato alla veneziana accompagnato da tanta cipolla stufata. Dopo aver vinto il concorso Cipolla d’Oro a Sermide è diventato uno dei piatti storici del ristorante Trigabolo di Argenta, in provincia di Ferrara, dove chef Corelli ha guidato la brigata per 14 anni tra gli anni Ottanta e Novanta, conquistando importanti riconoscimenti che hanno portato il ristorante a essere considerato uno dei migliori dell’epoca. Si tratta di un crème caramel di cipolla con salsa al foie gras, coriandolo, zenzero e riso soffiato, che rievoca altre preparazioni dello chef in cui questo bulbo povero è stato nobilitato grazie all’accostamento con ingredienti pregiati, nonché trasformato nell’emblema stesso di una cucina no-waste, come nel caso della Crema di cipolle e castagne, che prevede l’uso delle cipolle – rigorosamente biologiche – in tutte le loro parti, comprese le bucce inserite nel brodo utilizzato per cuocere le cipolle stesse, che una volta frullate con le castagne vengono servite con culatello e squacquerone.

Il primo piatto è stato il Mojito di Parma(2016), una versione innovativa del Risotto alla parmigiana con riso Gloria sfumato con il rum, buccia di lime e menta aggiunti in mantecatura, ma soprattutto Parmigiano Reggiano in diverse forme, temperature e stagionature: un 24 mesi per la preparazione del risotto, 36 mesi dal sapore più deciso per l’aria di croste di Parmigiano e un 64 mesi ancora più forte per il gelato. Il risultato è un piatto dai toni freschi, giocoso e diverso a ogni boccone, che rievoca la tradizione di un piatto iconico della cucina italiana ma la rinnova nella forma e anche nella sostanza, nobilitando quell’approccio alla cucina di recupero che utilizza anche le croste del formaggio per estrarre l’essenza del gusto da ogni parte dell’ingrediente.

Per secondo Il capriolo si fa tonno, un filetto di capriolo marinato in salsa di soia fermentata e miele, servito con semi di sesamo e un chutney di mele speziate, che deve il suo nome alla somiglianza con il tataki di tonno giapponese. Ideato nel 2018, questo piatto testimonia la passione di Corelli per la selvaggina, una carne sostenibile e ricca di proprietà nutrizionali e organolettiche, che da sempre rappresenta un prodotto fondamentale della sua tradizione familiare, della sua memoria gustativa e uno dei punti di riferimento della sua cucina.

Il piatto conferma altresì il piacere dello chef nel giocare con gli ingredienti, creando illusioni visive che stupiscono all’assaggio. Si veda il piatto gourmet La rapa si fa tonno, in cui la stessa ispirazione esotica è applicata alla rapa marinata al miele e salsa di soia e coperta di sesamo, in una portata dove a regnare sovrano è il colore.

Si conclude con Trigabolo 1986, ovvero Bignè fritti e caramellati, farciti con crema pasticcera e serviti con crema inglese agli agrumi: un dolce considerato un classico evergreen, goloso ma leggero, molto apprezzato dai clienti del ristorante da cui prende il nome. È il frutto di una creazione collettiva dei “fab four”, i “quattro favolosi”  chef – che hanno collaborato alla realizzazione del menu del 40esimo anniversario del ristorante Trigabolo: Giacinto Rossetti ha proposto la croccantezza del caramello, Bruno Barbieri ha suggerito l’acidità e Mauro Gualandi ha orchestrato il tutto.

Settant’anni e non sentirli

Nato il 15 agosto 1955 ad Argenta (in provincia di Ferrara), Igles Corelli si afferma alla ribalta nazionale e internazionale negli anni Ottanta e Novanta, dopo aver aperto nel 1979 Il Trigabolo, il suo primo rivoluzionario ristorante in cui promuove un’idea di cucina “circolare” in cui nulla viene sprecato o trascurato, ma tutto si trasforma e acquista nuovo valore grazie al buon senso e alla corretta applicazione della tecnologia. Dopo aver ottenuto due stelle Michelin, nei primi anni Novanta, il ristorante chiude proprio mentre era all’apice del successo e in procinto di ricevere la terza stella Michelin, che gli viene comunque assegnata ad honorem.

Nel 1996 Corelli apre il ristorante Locanda della Tamerice (una stella Michelin) nelle valli di Ostellato, e nel 2010 inaugura Atman, nel centro di Pescia (PT), dove ottiene una stella Michelin dopo soli 10 mesi dall’apertura. Nel 2015 il ristorante viene trasferito nella vicina Lamporecchio all’interno di Villa Rospigliosi, riconfermando la stella.

A fine 2017 – dopo essere diventato anche un volto celebre del programma televisivo Il Gusto di Igles su Gambero Rosso Channel –  chef Corelli si trasferisce a Roma per l’apertura di un nuovo format di ristorazione al ristorante Mercerie, dove continua la valorizzazione dei prodotti tipici italiani abbinati alla ricerca, alla sperimentazione e alla contaminazione con altre culture, mentre dal giugno 2024 è una delle anime della cucina del ristorante Il Vizio del Sina Bernini Bristol Hotel di Roma, dove porta in tavola i classici della sua  storia gastronomica, contaminati dalla cucina giapponese di Nagano Tetsuo. Il risultato sono creazioni fusion, basate sulla contaminazione e la convivenza tra cucine opposte, che per lo chef rappresentano l’occasione di rimettersi in gioco, per continuare a scrivere un capitolo della storia della gastronomia italiana, che mai come oggi ha bisogni di buon senso e conoscenza delle materie prime e di ingredienti particolari utilizzati non per avere l’effetto wow bensì per suscitare ricordi, rinnovare valori e creare una costante e coerente connessione con la propria storia e le proprie ambizioni di crescita personale e culinaria.

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