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Nel 2024 la Camera dei deputati registra un avanzo di oltre 45 milioni di euro. Ma dietro l’apparente oculatezza contabile, spicca un dato – non solo dal sapore – amaro: lievita del 30% la spesa per la ristorazione degli onorevoli. La buvette del Transatlantico, che è stata internalizzata escludendo le ditte esterne, costa ormai oltre 3 milioni di euro. E mentre i deputati si riducono, il loro conto al ristorante cresce…

di M.L.Andreis

Meno poltrone, più porzioni. In un’Italia dove si sono tagliati gli scranni dei parlamentari (da 615 a 400 quelli di Montecitorio), il bilancio consuntivo della Camera dei deputati per il 2024 racconta una storia in parte diversa: la famosa buvette di Montecitorio oggi costa ai contribuenti oltre 3 milioni, e l’esborso per la ristorazione è salito del 30% in un solo anno. Un passo indietro: la cifra chiave è un avanzo di 45,3 milioni di euro, bottino mica male per chi ama la sobrietà contabile. Eppure, tra le righe dorate del documento ufficiale, la voce food non si sgonfia parimenti, semmai, lievita.

Una ricetta salata sì, soprattutto per il contribuente

Una buvette da gran gourmet… ma chi paga? Altro che vecchi cliché sul pesce fresco a due euro: i tempi in cui i parlamentari pasteggiavano a prezzi simbolici sono (forse) finiti, ma le spese per mantenere il comfort gastronomico del Transatlantico sono tutt’altro che dimagrite. Nel 2023 la ristorazione costava 2.360.000 euro. Nel 2024? Ben 702mila euro in più. Il totale arriva a 3.062.000. Non si sa se siano saliti gli ordini di caciocavallo o quelli di caviale, ma l’incremento fa venire l’acquolina solo a chi emette le fatture. Tanto poi, come diceva il grande Totò: “E io pago!”.

L’arte di moltiplicare il pane… e i costi

La dieta mediterranea diventa un lusso… istituzionale. Tra buvette, mensa e ristorante, si prevedevano 1.375.000 euro di spesa. In realtà sono diventati 1.837.000. Un’esplosione di (s)gusto? Certo. Ma anche del bilancio. Poi ci sono i “servizi di supporto”, passati a 75mila euro, e – udite udite – un milione e 150mila euro per le “derrate alimentari”. In soldoni: voci di spesa aumentate di 325mila rispetto all’anno precedente. Forse è colpa dei pomodori bio, del basilico fresco o di un improvviso amore per la cucina a chilometro zero? Più che di chilometro zero, qui aumentano gli zeri in fondo ai conti da saldare.

Extra omnes? No, grazie

L’autarchia non paga, ma costa! Come noto, nel 2024 è stata creata la Cd Servizi, una società interna alla Camera per gestire ristorazione, parcheggi, pulizie e facchinaggio. Il presupposto: con l’estromissione delle ditte esterne, ci si attendeva l’addio agli sprechi. Non è successo. Se sulla carta l’operazione avrebbe dovuto portare a un risparmio di 1,5 milioni l’anno, nella realtà i conti lievitano come un panettone sfornato a… luglio. Come dire: fatto in casa sì, ma a carissimo prezzo.

Più “porta in tavola” che portaborse

Più cuochi, meno risparmi: una folla in cucina. Anche la voce “personale” ingrassa il bilancio. I dipendenti della Camera costano complessivamente 207 milioni l’anno. Ma il dettaglio succoso è il balzo della spesa alla voce “altro personale”: da 33 a 45 milioni. Forse i 12 milioncini in più servono a coprire l’aggravio aggiuntivo per il personale della nuova Cd Servizi? Nel frattempo, i fondi per i collaboratori parlamentari si sono dimezzati: da 15 milioni a 8. A quanto pare, ai deputati serve più chi li serve a tavola di chi… porta loro la borsa.

Un menu indigesto

I vitalizi? Sono meno ma pesano ancora. I piatti caldi serviti oggi alla buvette costano, ma anche quelli del passato non scherzano. I vitalizi degli ex deputati, formalmente aboliti nel 2012, pesano ancora sul bilancio per 89,8 milioni l’anno. Con le reversibilità si arriva a 148 milioni. È il passato che non passa mai, come una portata indigesta che torna su (benché sia fresca la notizia della bocciatura da parte del Collegio di Appello della Camera della richiesta di ripristino della prebenda avanzata da 800 ex onorevoli).

Quando i conti sono sal(t)ati

Anche trasporti e commissioni aumentano la spesa. Tra un espresso e una mozione, crescono anche le uscite per i trasporti dei deputati: +230mila euro, per un totale di 9,8 milioni. E mentre le commissioni lavorano sodo (almeno così dicono…), i loro costi passano da 2,8 a 3,8 milioni, con un’impennata clamorosa per quelle d’inchiesta: da 490mila a oltre un milione. Che ci sia bisogno di indagare anche su chi abbia ordinato troppo foie gras?

Il paradosso del Parlamento snello

Se la matematica… è un’opinione. Il paradosso è servito: oggi ci sono meno deputati, ma più spese in proporzione e anche in assoluto in certe aree. La dieta dimagrante del numero degli scranni, confermata dal referendum, non pare contagiare le cucine del Parlamento. Una metafora perfetta dell’Italia contemporanea: si predica austerità ma poi c’è chi non abbandona la formula all you can eat. Tanto poi alla fine, si paga alla romana…

Un affare di Stato

Il bilancio sorride, ma fa qualche smorfia. D’accordo, l’avanzo di bilancio è reale, e va riconosciuto. Ma l’oculatezza, se è selettiva, rischia di diventare indigesta. È come vantarsi di aver speso meno per le luci, mentre si pasteggia non con l’acqua ma con lo champagne. Se davvero si vuole contenere la spesa pubblica, anche la pasta al pomodoro della buvette dovrebbe diventare un… affare di o meglio, per lo Stato, no?


Highlights:

Il bilancio 2024 della Camera chiude con un avanzo di 45,3 milioni di euro, ma alcune voci fanno riflettere.

La ristorazione parlamentare aumenta del 30% in un solo anno: oltre 3 milioni di euro spesi.

Solo per le derrate alimentari si registrano 325mila euro in più rispetto al 2023.

La nuova società interna Cd Servizi avrebbe dovuto far risparmiare, ma i costi crescono.

La spesa per “altro personale” passa da 33 a 45 milioni: l’effetto collaterale del “fai da te”.

I vitalizi degli ex deputati, pur aboliti, continuano a pesare per quasi 90 milioni l’anno.

Le spese per trasporti e commissioni aumentano, con un picco nelle commissioni d’inchiesta.

I collaboratori parlamentari costano meno, ma il personale interno cresce vistosamente.

Il numero dei parlamentari si è ridotto, ma le spese gastronomiche no: anzi, aumentano.

Il risparmio istituzionale convive con l’opulenza culinaria: una ricetta tutta italiana.

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