Dalla Brianza a Milano, la rivoluzione verde di Paolo Sanvito trasforma il concetto di ristorazione plant-based. Un percorso che unisce sostenibilità, qualità e accessibilità, dimostrando come la cucina vegana possa conquistare anche i palati più tradizionali senza rinunciare a sapore e autenticità. E a un costo “democratico”
di Massimo L. Andreis
Le mani in pasta? Macché, in questa storia si parte dalla farina. E’ così che inizia la storia (umana, professionale, imprenditoriale) di Paolo Sanvito (nella foto di apertura): dal ricordo d’infanzia della sfoglia preparata dalla madre. Una memoria che si trasforma in visione quando, dalle cucine di Villa d’Este dove ha affinato la sua tecnica per nove stagioni consecutive, lo chef brianzolo decide di dare forma al proprio sogno culinario. Detto, fatto: nel 2014 nasce Il Lughino a Seregno, un nome inventato per identificare un luogo che prima non esisteva, un universo gastronomico dove la sostenibilità si sposa con l’eccellenza senza compromessi.
La filosofia green dello chef ha radici profonde, come un albero che nutre la propria linfa da sorgenti lontane. “La mia scelta vegetale arriva da lontano: da quando portavo mia mamma a comprare prodotti bio e ancor prima, grazie a una maestra che alle scuole elementari ci portava in campagna, nei boschi, a contatto con la natura: sono sicuro che nasce lì l’imprinting che mi ha portato a fare questa scelta alimentare e in un certo senso anche esistenziale”, confida Paolo Sanvito, con la passione di chi ha trovato nella cucina vegana non solo una professione, ma una missione di vita.




Il terreno fertile della metamorfosi gastronomica
Un seme piantato decenni addietro dunque; una sensibilità ecologica che in chef Sanvito precede di gran lunga le mode contemporanee, testimoniando come certe intuizioni richiedano tempo per essere comprese e apprezzate dal grande pubblico. Il percorso formativo del cuoco non si limita agli aspetti tecnici della ristorazione, ma abbraccia una visione olistica del rapporto tra alimentazione e ambiente, trasformando ogni piatto in un manifesto di sostenibilità.
La scommessa è audace. Dal primo locale di Seregno, Il Lughino si espande a Como, e poi approda nel cuore di Milano, in via Solferino 12, nel quartiere di Brera. Un percorso di crescita che testimonia la maturazione di una sensibilità collettiva verso scelte culinarie più consapevoli. “Oggi la sensibilità verso una proposta vegana è molto maggiore rispetto a quando ho cominciato a proporre questo tipo di cucina: prima ci rivolgevamo a persone che avevano fatto una scelta vegetale integrale mentre adesso tra i nostri clienti ci sono anche i curiosi o chi desidera maturare una maggior consapevolezza in direzione di questa alimentazione ma che magari teme di dover rinunciare a sapori e pietanze cui non vorrebbero fare a meno”, osserva Sanvito con la soddisfazione di chi ha saputo anticipare i tempi.
Senza dubbio, la trasformazione del panorama gastronomico milanese passa anche attraverso realtà come Il Lughino, dove l’accessibilità economica non sacrifica la qualità. Sanvito ha saputo creare un ecosistema culinario dove i prezzi rimangono umani – lasagne a 12 euro, menu completi da 11, 15 o 23 euro – sfidando l’equazione che spesso lega biologico e vegano a costi elevati. È questa democratizzazione del gusto sostenibile che rende la proposta dello chef particolarmente rivoluzionaria nel panorama milanese.

Quando l’ingrediente ha un’anima
Nella cucina di Sanvito, ogni ingrediente ha un’anima. La selezione delle materie prime rappresenta per Paolo un atto di profonda responsabilità, che va oltre la semplice certificazione biologica per abbracciare una dimensione quasi spirituale del fare cucina. “Utilizzo solo ingredienti bio e certificati: curo personalmente la selezione dei fornitori perché quello che cerco non è solo un prodotto sicuro dal punto di vista dell’origine ma che testimoni la passione e, se posso permettermi, persino l’anima di chi lo realizza. Solo così posso sentirmi sicuro e fiero di questi ingredienti e di queste materie prime, come se le avessi fatte io”, spiega lo chef con l’intensità di chi ha fatto della coerenza il proprio mantra professionale.
Questa ricerca dell’eccellenza si traduce in rapporti privilegiati con produttori che condividono la stessa visione etica. La collaborazione con l’azienda Corbari, pioniera del biologico italiano, rappresenta l’emblema di questa filosofia: una rete virtuosa che unisce piccoli produttori lombardi in una filiera corta capace di rifornire anche ristoranti stellati come Erba Brusca, Canzian e Pasta Madre.

Elogio dell’imperfezione e dell’energia. Del cuore
Niente congelatori, niente stock. La cucina de Il Lughino funziona come un organismo vivente che respira al ritmo delle stagioni e della disponibilità quotidiana. Mentre i ristoranti tradizionali preparano 200 lasagne per poi congelarle, Sanvito ne realizza massimo venti al giorno, ricominciando da capo quando terminano. Un approccio che trasforma ogni piatto in un’opera irripetibile, come un quadro dipinto en plein air che cattura l’essenza fugace del momento.
L’assenza dell’impastatrice diventa manifesto filosofico: in un impasto fatto a mano c’è un’energia che una macchina non può trasmettere. Quando insegna ai suoi collaboratori a lavorare il pane, Sanvito sottolinea sempre che non basta la forza delle braccia, bisogna metterci l’energia del cuore. Questo è ciò che il cliente percepisce, anche inconsciamente.

Un laboratorio di creatività quotidiana
Mutevolezza come principio cardine. La cucina de Il Lughino sfida ogni logica di standardizzazione, abbracciando l’imprevedibilità come elemento distintivo. Il menu cambia anche nell’arco della stessa giornata, seguendo la disponibilità degli ingredienti e l’ispirazione del momento. Se finisce il pesto, si cambia condimento; se mancano le zucchine, si reinventa il piatto. È una danza continua tra creatività e pragmatismo che richiede elasticità mentale e capacità di adattamento.
Sanvito ha costruito un modello gastronomico che si oppone al concetto industriale di standardizzazione, preferendo l’autenticità dell’irripetibile alla sicurezza del sempre uguale. Il tablet che sostituisce il menu cartaceo non è solo una scelta ecologica, ma anche pratica: permette di aggiornare in tempo reale le proposte, trasformando ogni visita in una scoperta potenziale.

La sinfonia degli ingredienti certificati
Ogni materia prima racconta una storia di produzione sostenibile. La rete di fornitori rappresenta un ecosistema virtuoso che unisce etica e qualità in un abbraccio perfetto. Le verdure vengono raccolte la mattina e lavorate nel pomeriggio, trasformando ogni piatto in un ponte diretto tra terra e tavola. Il riso e i legumi arrivano da un’azienda agricola del Pavese, le farine da un mulino a pietra delle Langhe, creando una geografia del gusto che celebra le eccellenze territoriali.
La coerenza per Sanvito si misura nella freschezza assoluta: la zucchina congelata o che arriva dopo mesi non ha senso, anche se biologica. Le etichette non bastano quando manca l’anima del prodotto appena colto. È questa ossessione per l’autenticità che trasforma Il Lughino in un tempio della genuinità, dove ogni ingrediente porta con sé la storia di chi lo ha coltivato.

Autosufficienza in tavola: il miracolo della trasformazione vegetale
Tofu e seitan nascono in casa. La produzione interna di questi “sostituti” della carne rappresenta un ulteriore tassello nella filosofia dell’autosufficienza che caratterizza Il Lughino. Non si tratta semplicemente di evitare prodotti industriali, ma di controllare ogni fase del processo produttivo, dall’ingrediente base al piatto finito. È un approccio artigianale che richiede tempo, competenza e dedizione, ma che garantisce risultati sorprendenti.
La magia avviene quando questi ingredienti vegetali si trasformano in piatti capaci di evocare sensazioni gustative profonde e complete. I bocconcini di soia al curry con cipolle rosse in agrodolce, i peperoni ripieni alla crema di legumi neri rappresentano l’evoluzione della cucina plant-based: non più surrogati, ma protagonisti assoluti di un’esperienza culinaria autentica e appagante.

Se l’innovazione sa di casa
Oltre cinquanta versioni all’anno: le lasagne de Il Lughino sono l’emblema della visione di chef Sanvito: si reinventano seguendo il calendario naturale, dalla versione con ragù di seitan a quella alle cipolle bianche e crema di legumi neri. Il menu si arricchisce di ravioli artigianali ripieni di erbette, tofu e anacardi, risotti alle pesche, torchietti di grano antico Khorasan conditi con finocchi allo zenzero e granella di pistacchi.
Sanvito ha dimostrato come anni di sperimentazione e cultura culinaria vegana abbiano colmato il divario con le proposte tradizionali. I suoi bocconcini di soia al curry con cipolle rosse in agrodolce, i peperoni ripieni alla crema di legumi neri evocano sensazioni gustative che non fanno rimpiangere le controparti di origine animale. È la prova tangibile che la cucina plant-based può essere sorprendentemente capace di offrire sapori, profumi, consistenze ed emozioni del tutto simili a quelle derivanti dal consumo di pasti tradizionali.

Una rivoluzione silenziosa, boccone dopo boccone
Fare politica cucinando: per Sanvito, gestire Il Lughino significa compiere atti di resistenza quotidiana contro un sistema alimentare insostenibile. Come confida lo stesso chef, crede che con un posto così si faccia politica, mentre parlarne soltanto lo interessa molto meno. La coerenza si misura nei gesti concreti: nella zucchina raccolta la mattina e lavorata nel pomeriggio, nell’assenza di compromessi che potrebbero facilitare la gestione ma tradirebbero i principi fondativi.
Ecco allora che il ristorante diventa laboratorio di possibilità, dimostrando che modelli alternativi possono essere economicamente sostenibili senza rinunciare all’eccellenza. Ogni piatto preparato rappresenta un moto/voto di fiducia verso un futuro più consapevole, dove il piacere della tavola si concilia con il rispetto per l’ambiente e gli animali. È la materializzazione di un’utopia che diventa quotidianità accessibile.

L’eredità (e la pazienza) del pioniere
Trent’anni di visione alle spalle non sono bruscolini: la lungimiranza di Paolo Sanvito si misura nella capacità di aver anticipato tendenze che oggi sembrano inevitabili. Quando accompagnava la madre nei primi supermercati biologici, pochi potevano immaginare quanto quella scelta si sarebbe rivelata profetica. Il percorso dello chef testimonia come certe intuizioni richiedano decenni per essere comprese e accettate dalla collettività.
Sanvito ha dovuto navigare in anni di incomprensione e scetticismo, mantenendo salda la propria convinzione che il futuro della ristorazione passasse attraverso la sostenibilità. La sua tenacia ha permesso di costruire un ponte tra passato e futuro, dove la tradizione culinaria italiana si rinnova senza tradire le proprie radici, abbracciando una filosofia cruelty-free che non rinuncia all’eccellenza gustativa.

Highlights
La rivoluzione verde di Paolo Sanvito parte dalla Brianza e conquista Milano, dimostrando che la cucina vegana può essere accessibile, gustosa e profondamente radicata nella tradizione artigianale italiana.
Il Lughino elimina congelatori e stock, preparando massimo venti lasagne al giorno e reinventando il menu in base alla disponibilità quotidiana degli ingredienti freschi di stagione.
Oltre cinquanta versioni di lasagne all’anno testimoniano come la creatività vegana possa superare i limiti della cucina tradizionale, offrendo varietà e sorprese continue ai commensali.
L’assenza dell’impastatrice diventa manifesto filosofico: ogni impasto fatto a mano trasmette un’energia irripetibile che le macchine non possono replicare, creando un legame autentico.
La rete di fornitori biologici certificati include l’azienda Corbari, pioniera del settore, che coordina una filiera corta lombarda rifornendo anche ristoranti stellati milanesi.
I prezzi popolari sfidano il pregiudizio che lega biologico e vegano a costi elevati: lasagne a 12 euro, menu completi da 11 euro dimostrano che qualità e accessibilità possono coesistere.
Paolo Sanvito seleziona personalmente ogni fornitore cercando non solo prodotti sicuri ma ingredienti che testimonino la passione e l’anima di chi li realizza, come fossero creazioni personali.
La sensibilità verso la cucina vegana è cresciuta enormemente: dai soli vegani convinti si è passati a curiosi e indecisi che temevano di perdere sapori tradizionali irrinunciabili.
Il ristorante diventa laboratorio politico quotidiano dove ogni piatto rappresenta una scelta di resistenza contro sistemi alimentari insostenibili, dimostrando modelli alternativi funzionanti.
Anni di sperimentazione culinaria vegana hanno colmato il gap con la tradizione: sapori, profumi e consistenze plant-based evocano emozioni identiche a quelle dei piatti di origine animale.