Di nome e di fatto: un ristorante destinato a restare “fanciullo”: dopo il segno tracciato dal visionario chef Terry Giacomello, oggi alla guida c’è il giovane Andrea De Lillo che ha raccolto l’eredità del predecessore e riportato in cucina i sapori di casa
di Chiara Di Paola
Inaugurato nell’aprile 2023 da chef Terry Giacomello e subito insignito della prestigiosa Stella Michelin, il Ristorante Nin a Brenzone sul Garda (all’interno del 4 stelle superior Belfiore Park Hotel, sulla sponda veronese del Lago, nella zona denominata Riviera degli Olivi), è un luogo che fin dal nome sull’insegna (“nin”, in friulano, significa “bambino-ragazzo”) celebra il ritorno alle origini ma anche la capacità pascoliana di osservare (e assaporare) il mondo con quell’innocenza infantile pronta a lasciarsi stupire. In più oggi, con il cambio di direzione impresso alla cucina dall’arrivo del nuovo giovane executive chef Andrea De Lillo e della sua brigata, è anche un locale pronto a vivere la sua “adolescenza” esprimendo un’identità diversa ma in qualche modo coerente con l’imprinting ricevuto all’apertura.

Uno chef giovane, innamorato di ciò che lo circonda
Classe 1998, originario di Torbole sul Garda (in Trentino), Andrea De Lillo vanta un curriculum di tutto rispetto che, dopo il diploma presso la Scuola Alta Formazione di Tione, lo vede impegnato in alcune delle cucine più prestigiose al mondo, tra cui Osteria Francescana di Massimo Bottura, Locanda Margon delle Cantine Ferrari con Alfio Ghezzi, il ristorante Berton di Andrea Berton, il Relæ di Christian Puglisi a Copenaghen, Amelia di Paulo Airaudo a San Sebastian in Spagna il Central di Virgilio Martínez a Lima in Perù. Tornato nella sua terra, ad Arco di Trento, ha lavorato per un breve periodo come personal chef, aprendo anche un pop up home restaurant con 12 posti a sedere, fino ad approdare nelle cucine di Vitis, un fine dining con soli sei tavoli. Da ciascuna di queste esperienze ha appreso l’importanza della sostenibilità applicata alla gastronomia, il valore aggiunto dato dalla ricerca e dall’uso di ingredienti locali, trattati con rispetto ma anche con tecniche innovative, che oggi si ritrovano nella sua proposta culinaria al Nin.
Un’eredità preziosa ma non pesante
Chef De Lillo ha saputo raccogliere e accogliere l’eredità lasciata dal suo predecessore, in termini di appartenenza a un territorio e ritorno alle origini della materia prima, ma è riuscito ad andare oltre per dettare un nuovo corso alla storia e all’immagine del ristorante.
Se chef Giacomello utilizzava la cucina come un laboratorio e manipolava il cibo secondo un approccio molecolare, trasformandolo in uno strumento rivoluzionario e concettuale con cui rinnovarsi continuamente e stupire i commensali, guardando oltre ogni confine e dando vita a una ristorazione estrema, impeccabile e irriverente, chef De Lillo punta piuttosto a riportare i suoi ospiti nel “qui e ora”, attraverso ingredienti locali (autoctoni o introdotti sul territorio secondo un approccio sostenibile), gusti riconoscibili e piatti dalle interpretazioni giocose che tuttavia non tradiscono mai il progetto di fondo dell’autenticità.
Una cucina giovane che recupera il rapporto genuino con il territorio
Anzichè adottare un approccio “dadaista” e utilizzare gli ingredienti come elementi chimici, andando al di là del loro sapore e della loro naturale consistenza per trasformarli in qualcosa di mai visto prima, l’obiettivo di chef De Lillo torna ed essere quello di restituire a ogni alimento la sua legittima collocazione gastronomica e geografica, a partire soprattutto dalla valorizzazione del pesce di lago, fornito da piccole realtà artigianali e a km zero, e inteso non solo come trote e salmerini, ma anche specie meno pregiate e delicate da lavorare ( persici, carpe e lucci) che, se ben manipolate, si fanno apprezzare quanto branzino e tonno.
Gli elementi vegetali, invece, sono forniti dalle serre gestite dallo chef nei pressi del ristorante, cui si aggiunge un piccolo giardino con 4 o 5 vasche per le erbe aromatiche e fiori edibili e una selezione di piccoli germogli coltivati in frigorifero secondo la tecnica idroponica.
Una proposta gastronomica in due menu
L’idea di cucina di chef Andrea De Lillo si esprime in due menù degustazione. “Radici” è un percorso di sei portate incentrato sull’elemento vegetale rappresentato da ortaggi ed erbe spontanee, lavorati attraverso fermentazioni e altre tecniche che esaltano la purezza e la complessità degli ingredienti, trasformandoli in piatti ricchi di profondità e carattere, in cui
qualche elemento di carne o di pesce è aggiunto in maniera mirata e studiata allo scopo di amplificare ed equilibrare i sapori. Una ricerca che parte con gli amuse bouche (come lo Spiedino di funghi Shiitake grigliati con brodo di funghi, infusione di erbe dell’orto e olio all’aglio orsino, la Cialda di mais farcita con sfilaccio di pecora con emulsione di miso e la Sarda in Sahor “scomposta” con wafer farcito di cipolla rossa, pinoli, uvetta e polvere di vinacce) e culmina con la Salsa verde, Piselli, Tinca (Tinca mantecata con salsa verde, crema di piselli, olio di menta e prezzemolo, erba Silene mantecata al burro e chiffonade di menta).
“Venti e Correnti” invece è un viaggio di nove portate che raccontano a pieno il territorio e l’ecosistema del Lago di Garda, tra pesci di lago, carni provenienti da allevamenti locali e vegetali raccolti nei dintorni. Un percorso articolato tra luoghi e stagioni, pensato per chi desidera immergersi completamente nel paesaggio circostante e lasciarsi guidare alla scoperta delle sue peculiarità, ma sempre con il tocco originale dello chef.
Spiccano in questo percorso il Siluro, Leche de tigre, Cipolla (un ceviche di pesce siluro con leche de tigre al limone, peperone giallo, base di patata dolce e cipolla rossa in agrodolce), le Sarde, Grano saraceno, Dashi (a tutti gli effetti un ramen “alla torbolana” con spaghetti di grano saraceno, sarde, uovo di seppia marinato e sahi di lische di pescato) e l’Agnello, Barbabietola, Chimichurri (lombo di agnello spadellato con burro e aromi, salsa chimichurri, purea di rapa rossa e foglie di Acetosa, con la sua tartare), che permettono di apprezzare le suggestioni esotiche che lo chef ha colto durante le sue esperienze all’estero e ha deciso di trasferire nella sua cucina radicata al territorio, declinandole in chiave autoctona, con ingredienti ed elementi riconoscibili, ma trattati in una chiave particolare.
Avanguardia ma non troppo
Il risultato della proposta di chef De Lillo è un’esperienza innovativa ma pensata per restituire all’ospite sapori rassicuranti e permettergli di riconoscere un interessante mix di sperimentalismo e tecnica, ma anche tradizione, ricordi ed emozioni in cui chiunque può identificarsi. Nessun funambolismo, dunque, ma solo un rispetto estremo della materia prima e un costante impegno a valorizzarla all’interno di ricette che non rinunciano a raccontare le esperienze e le ambizioni del giovane chef, tornato a casa per restare e raccontare attraverso i suoi piatti la propria storia e tutto ciò che gli è mancato mentre era lontano.
Il pairing con la cantina e non solo
In questi percorsi gustativi, una grande importanza è attribuita al pairing: dall’acqua di fonte proveniente dal nord Europa all’Orange Wine abbinato magistralmente a un piatto come gli Gnocchi ortica, Vino Macerato, Limone (Gnocchetti di ortica con salsa di vino macerato, crumble di olive nere e scorza di limone candito) fino al particolare cocktail a base di Soda alle alghe marine e liquore frangelico di noci e nocciole proposto per accompagnare il dessert More, Sesamo, Caviale (Gelato alla tahina a base di sesamo nero, confettura di more, crumble di sesamo nero e caviale). A questi si aggiungono le più d bottiglie presi 500 bottiglie presenti nella splendida cantina a vista (in cui figurano etichette rinomate e altre selezionate tra le piccole produzioni di nicchia del territorio, annate da collezione, bottiglie introvabili e una collezione di veri e propri tesori ai quali, per soddisfare l’arte del buon bere, si uniscono anche una selezione di distillati e birre speciali d’autore) e le creazioni del mixologist nello scenografico bar adiacente alla sala.
La location e il servizio “sostenibile”
Dal punto di vista estetico, il locale ha mantenuto la sua originaria allure intima e minimalista, con pochi tavoli ben distanziati, divisi tra sala interna e terrazza affacciata sul lago e allestiti con una mise en place semplice, basata sulla presenza dell’elemento vegetale e sull’esaltazione dell’effetto materico degli oggetti: dal tavolo stesso in legno e resina colori ruggine ai piatti che via via si avvicendano con le diverse portate. Il risultato è un ambiente raffinato ma rilassante, in cui il tempo sembra rarefarsi per lasciare la scena a un servizio elegante e disinvolto, che fa scorrere tutto in modo fluido grazie alla presenza di un team di sala giovane, affabile e competente, che testimonia la propria adesione al progetto di sostenibilità portato avanti dalla cucina non solo nella spiegazione dei piatti e dei vini, ma anche attraverso le divise che indossa, ottenute dal riassemblaggio di vecchie divise dismesse. La stessa attenzione e valorizzazione nei confronti del riciclo si ritrova nel menù, composto da fogli di foglie di frutti rossi del sottobosco e rami di ulivo potati nel giardino del ristorante, e rilegato in una copertina di foglie di mirtillo. La carta dei vini invece è ottenuta dagli scarti di agrumi, mentre i sottobicchieri sono ricavati da agrumi e fondi di caffè.
Ristorante NIN
via Giuseppe Zanardelli, 5
37010 Brenzone su Garda – VR – Italia
tel: +39 045 7420179
www.ristorantenin.it
info@ristorantenin.it










