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La narrazione della crisi gastronomica italiana è un fenomeno dai contorni sfumati, dove la percezione mediatica distorce spesso la realtà dei numeri. Quando chiudono ristoranti “comuni” nessuno parla di emergenza, ma se ad abbassare la saracinesca è un locale stellato si scatenano dibattiti apocalittici. Luciano Sbraga, vice direttore generale di Fipe, analizza questo paradosso evidenziando come dietro l’alto tasso di mortalità dei ristoranti si nasconda principalmente una sottovalutazione del ruolo imprenditoriale del cuoco-patron e una scarsa attenzione alle dinamiche di mercato

Dietro ogni cifra si nasconde un universo. Lo scorso anno su 133.761 ristoranti con servizio, 10.198 hanno cessato l’attività, rappresentando il 7,6% del totale. Contemporaneamente, i consumi delle famiglie in servizi di ristorazione hanno continuato a crescere, seppur moderatamente. Allargando l’orizzonte temporale, dei 4.530 ristoranti che hanno avviato l’attività nel 2019, solo 2.582 erano ancora operativi dopo cinque anni.

Nessuno grida all’emergenza per questi dati. Si parla semplicemente di scelte imprenditoriali sbagliate, business plan improvvisati, modelli di business imperfetti. Ma quando chiudono uno o due ristoranti stellati, ecco scatenarsi dibattiti sulla presunta crisi strutturale della ristorazione d’eccellenza, nonostante rappresentino appena lo 0,25% o lo 0,5% dei 393 ristoranti stellati italiani.

Luciano Sbraga

L’errore di prospettiva

Confondere il ristorante con l’impresa è un errore fatale. La prima considerazione di Sbraga riguarda l’incapacità di cogliere l’evoluzione del modello imprenditoriale che attraversa la ristorazione stellata. Questa evoluzione ha scale e complessità organizzative differenti a seconda che l’impresa abbia come fulcro un ristorante con una, due o tre stelle.

Dal primo errore ne deriva immediatamente un secondo. La sopravvalutazione del ruolo del cuoco e la contemporanea sottovalutazione del ruolo dell’imprenditore. Un’impresa sostenibile la fa un bravo imprenditore, non un bravo cuoco. Quando questi due ruoli si fondono in un’unica figura, si ottiene l’elemento distintivo che caratterizza la storia di successo di tante imprese di ristorazione italiane.

Il mito della crisi economica

Analisi semplicistiche generano conclusioni fuorvianti. Il terzo errore nell’interpretazione delle dinamiche della ristorazione stellata è attribuire la causa di singoli insuccessi alla crisi dei consumi, alle difficoltà economiche dei consumatori o alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie.

Chi davvero crede a questa narrazione? È difficile pensare che la frequentazione di un ristorante da 200, 300 e più euro sia realmente influenzata dalle fluttuazioni del potere d’acquisto delle famiglie. Curioso come queste categorie interpretative non vengano utilizzate per altri settori del lusso come moda, auto o gioielli, dove la contraddizione tra il concetto di perdita di potere d’acquisto e il valore a quattro o cinque zeri del prodotto apparirebbe troppo evidente.

L’esposizione mediatica come arma a doppio taglio

Sotto i riflettori ogni imperfezione diventa abisso. Un elemento cruciale nella percezione della ristorazione stellata è l’enorme sovraesposizione mediatica che la caratterizza. Programmi televisivi, riviste, inserti, libri ed eventi hanno trasformato il settore in un fenomeno popolare, generando attenzione ma anche responsabilità supplementari data l’ampia audience raggiunta.

La popolarità rivela valori profondi ma crea distorsioni. Questa attenzione evidenzia come alla ristorazione stellata si attribuisca anzitutto il requisito della qualità e dell’eccellenza, non del lusso. Valori positivi che, nell’immaginario collettivo, dovrebbero essere accessibili a tutti, generando però interpretazioni spesso fuorvianti sulla sostenibilità economica di questi modelli.

Il modello italiano: unico ma sostenibile?

Radici profonde plasmano destini complessi. Il modello di business della ristorazione stellata italiana si caratterizza per costi altissimi e volumi modesti. Già quindici anni fa, un’indagine rivelava che il livello di produzione di questi ristoranti era inversamente proporzionale al livello dello scontrino medio.

Questa correlazione inversa non è legge universale. L’idea che per fare qualità ed eccellenza occorra produrre poco non è una costante del mercato, come dimostrano centinaia di esempi contrari anche nella ristorazione stellata internazionale. La particolarità italiana deriva dalla genesi distintiva della nostra ristorazione, specchio del passaggio dall’economia agricola all’economia terziaria.

Famiglia e diversificazione: le chiavi del successo

Tradizione e innovazione danzano un valzer complesso. Nella sua fase originaria, la ristorazione stellata italiana nasce come impresa familiare, con la famiglia come fulcro di tutto. Esistono esempi straordinari di ristoranti stellati che continuano a mantenere questo modello, pur avendo intrapreso vie di diversificazione del business, creando aziende più articolate come filiazione dell’attività principale.

Costruire sinergie diventa imperativo categorico. La necessità di trovare connessioni strategiche, sia interne che esterne, diventa ancora più evidente quando manca la famiglia come centro dell’attività e si opera in immobili di terzi, spesso situati nei centri delle grandi città.

Guardare al futuro con lucidità imprenditoriale

Ogni ristorante stellato deve ascoltare il vento del cambiamento. Riflettere su menu degustazione troppo elaborati, sulla reale libertà di scelta del cliente e sulla presenza non scontata dello chef nel ristorante non è un’opzione ma una necessità. Tuttavia, discutere sulla “purezza” di un ristorante stellato come indicatore dello stato di salute dell’azienda risulta un’attività inconcludente.

L’obiettivo deve essere la costruzione di imprese sane. Il vero focus dovrebbe essere la capacità dell’imprenditore o dello chef patron di costruire un’azienda complessivamente solida, anche diversificando il business, evitando che diventi un’attività accessoria di qualcos’altro o qualcun altro. Solo così si può preservare il valore della ristorazione stellata non solo come eccellenza in sé, ma come volano di un intero sistema che fa dell’Italia un punto di riferimento mondiale.

Highlights

  • L’alta mortalità dei ristoranti italiani è fisiologica: su 133.761 locali, 10.198 hanno chiuso in un anno, ma si parla di crisi solo quando sono stellati.
  • Un’impresa sostenibile nasce da un bravo imprenditore, non solo da un bravo cuoco: quando questi ruoli convergono si creano le storie di successo della ristorazione italiana.
  • La sovraesposizione mediatica della ristorazione stellata genera attenzione positiva ma crea aspettative distorte e interpretazioni fuorvianti sulla sua sostenibilità economica.
  • È paradossale collegare la crisi di ristoranti da 200-300 euro alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie, argomento mai usato per altri settori del lusso.
  • La ristorazione stellata italiana ha un DNA distintivo: nasce in contesti rurali e familiari, diventando destinazione per clienti internazionali prima di espandersi nelle città.
  • Il modello italiano si caratterizza per un’apparente contraddizione: costi altissimi e volumi modesti, con una correlazione inversa tra qualità e quantità di produzione.
  • La diversificazione del business è strategia vincente per molti ristoranti stellati, che hanno sviluppato aziende articolate mantenendo l’attività principale come fulcro.
  • I ristoranti stellati devono ripensare criticamente alcuni aspetti: menu degustazione ridondanti, libertà di scelta limitata, assenza fisica dello chef patron.
  • La vera sfida non è mantenere la “purezza” del ristorante stellato ma costruire un’azienda complessivamente sana che non diventi accessoria ad altri interessi.
  • La ristorazione d’eccellenza italiana è volano per l’intero sistema gastronomico nazionale, rappresentando un valore che va oltre il singolo locale e la sua redditività.

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