Il pluristellato chef francese Alain Ducasse ha inaugurato il suo primo ristorante nella capitale italiana all’interno dell’iconico Hotel Romeo. Con una proposta gastronomica che fonde l’eccellenza della tradizione mediterranea e prodotti locali d’eccezione, lo chef più decorato al mondo accetta la sfida di conquistare i palati romani, notoriamente esigenti. Un’avventura culinaria che ridefinisce il concetto di lusso contemporaneo attraverso semplicità, materie prime straordinarie e una visione innovativa che guarda al futuro della ristorazione
Non c’è città al mondo che possa intimorire un maestro della cucina con più di venti stelle Michelin in bacheca, eppure anche Alain Ducasse, parlando del suo nuovo progetto romano, tradisce un rispetto quasi reverenziale per la sfida che lo attende: conquistare i palati della Capitale.
Il nuovo ristorante dello chef francese si trova all’interno dell’Hotel Romeo in via di Ripetta, struttura dall’architettura avveniristica firmata Zaha Hadid, cornice perfetta per una proposta gastronomica che ridefinisce il concetto stesso di lusso contemporaneo.
Un menu da 300 euro che sfida gli stereotipi del lusso
La proposta di Ducasse si articola in otto portate, arricchite da diversi assaggi di benvenuto e pre-dessert, per un costo che si aggira intorno ai 300 euro. Una cifra considerevole che però, secondo la filosofia dello chef, rappresenta un’interpretazione contemporanea dell’esclusività che va ben oltre gli stereotipi del caviale, dell’aragosta e dello champagne.
“Mi piacerebbe conquistare un posticino nel cuore dei romani”
“Roma perché? Intanto perché è difficile dire di no all’avvocato Romeo…”, esordisce Ducasse con la leggerezza che lo contraddistingue in una intervista al Messaggero. Poi, più serio: “Soprattutto perché amo l’Italia. È una cultura che mi affascina. E amare l’Italia vuol dire amare Roma. O meglio, ancora, misurarsi con Roma. Una città immensa per bellezza, un luogo di storie, di palazzi, di chiese e anche di mercati e di prodotti incredibili.”
Lo chef non nasconde l’ambizione di voler conquistare i palati romani, notoriamente esigenti: “Mi piacerebbe conquistare un posticino nel cuore dei romani… Anche perché, con una città così speciale alle spalle, hanno una cosa in comune coi parigini: non fanno sconti”.
L’interpretazione prima dell’esecuzione
“La ricetta è una ossessione dei mediocri”, spiega Ducasse. “Si parte da una ricetta, ma poi c’è un fattore metafisico, quasi magico, che è lo stile, l’interpretazione. Come in uno spartito musicale”.
Per il maestro francese, “un cuoco deve cogliere lo spirito che c’è dietro una serie di ingredienti e di procedure, altrimenti resta un esecutore. L’esasperazione della tecnica è, o meglio può essere, un limite. Una ricetta deve essere buona già quando la pensi”.
Il menu: prodotti italiani con accento mediterraneo
Il menu romano si basa su prodotti italiani, interpretati in chiave mediterranea. “Ci sono sapori che amo, come l’amaro delle puntarelle o l’acidità aromatica dei vostri agrumi… e poi c’è ovviamente la pasta, interpretata con una cottura che non trascura anche l’uso del brodo, come se fosse un risotto”, racconta lo chef.
Per la pasta, Ducasse ha anche sviluppato uno speciale “pasta pot” in collaborazione con Alessi, dimostrando la sua attenzione maniacale per ogni dettaglio.

Il nuovo lusso è una triglia di scoglio (e un po’ di verdure)
Interrogato sul sapore ultimo, quello da portarsi sull’isola deserta, Ducasse risponde senza esitazione: “Se mi concedete una canna da pesca e dell’olio extravergine di oliva italiano, una triglia di scoglio cucinata su braci di legna, con un tocco di erbe della macchia. Un vero lusso”.
E qui lo chef torna al tema del lusso contemporaneo, citando il filosofo Raymond Aron: “Nei tempi in cui il caviale si trova anche nei duty free degli aeroporti, il prezioso è un piatto di spinaci appena colti, con la loro rugiada, cucinati al vapore”.
La nuova frontiera di Ducasse è infatti una cucina a forte impronta vegetariana: “Le verdure sono un soggetto gastronomico meraviglioso, emozionante. Oltre che una nuova frontiera della salute a tavola. È questa la mia ultima sfida al Louis XV dell’Hotel de Paris di Monaco: fare delle verdure una nuova fonte di piacere e di stupore della tavola.”
Piccole ossessioni di un genio: l’aglio come la cannella
Emergono anche le piccole ossessioni dello chef. Sull’aglio è categorico: “È come la cannella: si deve solo sentire che c’è, senza esagerare.” Sul formaggio, fa un’eccezione alla filosofia light, considerando il Parmigiano il miglior formaggio del mondo dopo il Roquefort. E sulla carbonara, nessun dubbio: “Niente panna nella carbonara, per carità.”
Dettagli che rivelano l’anima di un maestro per cui la vera eleganza sta nella misura, nell’armonia e nella capacità di esaltare la materia prima senza stravolgerla. Una filosofia perfetta per una città come Roma, dove la tradizione culinaria è sacra ma aperta all’innovazione, purché rispettosa dell’identità e della qualità.