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Compie 50 anni il Piccolo Lago di Marco Sacco, che festeggia il traguardo con un menu degustazione di 8 portate “suggerito” da una passeggiata di primavera lungo le rive del Mergozzo in compagnia della moglie Lella. È lei l’altra fondamentale metà di un “piccolo regno” che tra fine dining, catering e accoglienza affronta con slancio il futuro, nonostante food cost alle stelle e difficoltà a trovare personale. Ci spiega come fa lo chef/imprenditore bistellato, seduti al “suo” tavolo…

di Massimo Luigi Andreis


Un piatto che ha una storia alle spalle ha un sapore più ricco. Se questa storia è lunga 50 anni, ed è quella di un certo Marco Sacco, patron del due stelle Michelin Piccolo Lago,
sulle sponde del pittoresco Lago di Mergozzo, un’oasi di tranquillità nel cuore del Verbano Cusio Ossola, l’esperienza culinaria che vi aspetta è di quelle difficili da dimenticare.

Ebbene sì: il Ristorante Piccolo Lago di Marco Sacco celebra quest’anno un traguardo straordinario, mezzo secolo di storia culinaria, cinquant’anni di passione e dedizione, continuando a brillare con i suoi due macaron, che rischiarano questo vero e proprio tempio tempio dell’alta cucina, un’ode alla natura circostante e alla cultura del territorio.

L’emozione è servita

Per celebrare un anniversario così importante, Marco Sacco ha creato il menu “Lungolago”, un viaggio sensoriale che si snoda come una passeggiata intorno allo specchio d’acqua “di casa” del cuoco piemontese, che dal 1974 lavora nel ristorante costruito e avviato dai genitori Bruna e Gastone in una struttura preesistente realizzata nel 1961. “Dopo 50 anni di attività e 40 anni in cucina, sentivo di dover restituire qualcosa al territorio che mi ha permesso di salire così in alto”, spiega lo chef per descrivere (anche) una delle iniziative con le quali esalta i prodotti e sostiene l’economia di tutta l’area: “Gente di Lago e di Fiume”. Un evento gastronomico e culturale che celebra l’acqua dolce e tutto ciò che la circonda. Un festival che, ad ottobre, attira cuochi di fama internazionale, senza alcuno scopo competitivo ma come occasione di incontro di menti creative che si divertono a reinterpretare i prodotti locali, avvicinando il pubblico alla cultura del luogo, in modo spontaneo e autentico.

Marco Sacco non è dunque solo uno chef, ma un ambasciatore del Verbano Cusio Ossola. La sua cucina, infatti, non si limita a deliziare il palato, ma vuole raccontare una storia, unire i vari volti del territorio – dai montanari ai pescatori, dagli artigiani del cibo agli abitanti del lungolago. Sacco ha saputo fare dell‘acqua dolce il filo conduttore del suo racconto gastronomico, trasformando il Piccolo Lago in un punto di partenza per un viaggio che prosegue ben oltre il ristorante.

Il risultato di questa filosofia, unita a una passione unica e a una sensibilità non comune non è un semplice pasto, ma un’esperienza gastronomica che trasporta i commensali attraverso il paesaggio circostante, ricreando l’incanto di una giornata primaverile trascorsa tra anatre urlatrici, alberi di fico e canneti popolati da nidi. Sacco, insieme alla moglie Lella (Marchetti, con la quale Marco sottolinea di aver dato “la caccia alle Stelle con determinazione fino a portarle a casa”), ha trasformato queste emozioni in otto portate sorprendenti, raccontate e composte sotto gli occhi degli ospiti, accompagnate dai vini suggeriti dalla sommelier Sayaka Anzai, servite in una mise en place che comprende elementi naturali quali pietra e legno del territorio, cesellati uno a uno, con funzione sia estetica che di contenitore.

Risultato: il menu “Lungolago” è pensato per essere vissuto, non solo gustato. Ogni piatto è una tappa di una mappa emozionale che invita a scoprire il territorio. Dopo aver assaporato le creazioni di Sacco, i visitatori sono incoraggiati a percorrere gli stessi sentieri che hanno ispirato lo chef, immergendosi nella natura e nei sapori del luogo.

Non solo parole: per rendere concreto e dare un contenuto reale a questi propositi, la visione di Sacco abbraccia anche l’educazione e l’ispirazione dei giovani locali, proponendo la creazione di nuove figure professionali: guide turistiche esperienziali, che utilizzano il menu-mappa Lungolago come base per tour che combinano cibo, cultura e natura. Questa idea rivoluzionaria mira a offrire esperienze autentiche e coinvolgenti, lontane dai soliti circuiti turistici.

Vicini e lontani (piatti, ingredienti, insegnamenti, ricordi…)

Un viaggio vicino, nel territorio circostante, che porta però lontano, molto lontano, verso tutte le esperienze e i viaggi che Sacco ha accumulato e fatto in giro per il mondo, da quelli in Africa da ragazzo su indicazione del padre per “capire il senso delle vita” all’ultimo di recente in Perù, terra di contrasti mozzafiato e di una cultura millenaria, che si è trasformato in un’epifania gastronomica: “Avevo sempre ammirato la cucina peruviana, capace di conquistare i vertici mondiali con la sua esplosione di sapori e colori, espressione di una terra apparentemente povera e selvaggia. Mi chiedevo cosa la rendesse così speciale”. Tra le Ande maestose e l’oceano Pacifico sconfinato, Sacco ha trovato la risposta: la cucina peruviana è un inno alla trasformazione, all’ingegno e alla capacità di valorizzare ogni singolo dono della natura. In questo territorio aspro e generoso allo stesso tempo, gli abitanti hanno imparato a trarre il massimo da ogni ingrediente, spremendone l’essenza con una maestria che affonda le radici nella notte dei tempi. “Pochi prodotti, ma di una qualità eccelsa“, insomma. “Non servono ingredienti esotici o tecniche elaborate per creare piatti che conquistano il palato e l’anima. Basta saper ascoltare la natura, rispettarne i tempi e i doni, e trasformarli con passione e maestria”, commenta Sacco. “Il Perù mi ha insegnato che la grandezza non nasce dall’abbondanza, ma dall’ingegno e dalla capacità di trasformare. Ogni limite diventa un’opportunità per creare qualcosa di straordinario. E’ questa la lezione che porto con me, un’ispirazione che mi spinge a continuare a esplorare, a sperimentare e a valorizzare i tesori che la mia terra mi offre”.

Una visione che si riallaccia a un insegnamento fondamentale ricevuto da padre Gastone: “Non dimenticherò mai quando, da bambino, mi sollevò e mise su una cassa di bottiglie d’acqua, perché vedessi cosa succedeva sopra i fornelli, mentre cucinava. La sua lezione è stata sempre quella: offrirmi un punto di vista diverso da quello che avevo, mettere in alto l’asticella. Non a caso aveva costruito il suo ristorante come una palafitta, appoggiandolo su pilotis anziché a livello lago: per vedere oltre, un po’ più su, da dove si può cogliere meglio l’insieme. Credo sia questa la più grande eredità che mi ha lasciato mio padre: viaggiare perfino da fermo, guardando in profondità le cose e scoprendo come può essere straordinario il quotidiano che ci circonda”.

La “grande restituzione” del Piccolo Lago

Detto, fatto; proprio come fanno i peruviani, anche al Piccolo Lago si valorizzano i tesori che si trovano a un passo: dagli umili pesci di lago, trasformati con sapienza per diventare protagonisti di piatti raffinati alle erbe aromatiche, alla frutta e alla verdura di stagione, che arricchiscono la tavola con sapori autentici, tutti prodotti offerti dalla natura rigogliosa che abbraccia questo specchio d’acqua poco conosciuto, se non per la presenza di Sacco e della sua creatura. Che, date le dimensioni e l’importanza assunte nel panorama gastronomico nazionale, gli consentono di “restituire al territorio quello che mi ha dato, che non era vocato alla gastronomia, tra l’altro…”. Ecco allora che “se il Gardon non lo riesce a vendere, dico al pescatore di darlo a me! E se di Alborelle non ce ne sono più, allora cucino il Gardon: Gente di Lago nasce per questo! Io ho la voglia, e la forza, per mettere a terra questi ragionamenti. In questo si sostanzia il mio desiderio di restituzione, il segno della gratitudine concreta alla mia terra”, sottolinea lo chef.

La forza si è detto. Ebbene sì: una forza che deriva dal novero di attività del gruppo, ciascuna con un fascino unico e inconfondibile. Accanto al primigenio Piccolo Lago, ecco allora il Ristorante “Piano35”, insignito di una stella Michelin, che si erge all’ultimo piano del grattacielo progettato da Renzo Piano per Intesa Sanpaolo a Torino; ed ecco “Il Verbano”, ristorante con hotel di charme collocato sulla punta dell’Isola dei Pescatori, con una vista mozzafiato sull’Isola Bella. In questo angolo di paradiso, gli ospiti vivono l’esperienza straordinaria di soggiornare nella “casa dei sogni” di ogni “Lago Maggiore lover” e del suo paesaggio da sogno.

Food cost delle mie brame

Un sogno che, nel caso del “piccolo regno” creato da Marco Sacco con la moglie Lella, ha i piedi ben piantati per terra: “Oggi uno chef deve anche essere imprenditore”, scandisce prima di spiegarsi meglio: con una food cost del 38% al Piccolo Lago e del 34% a Piano 35, senza l’ospitalità al Verbano, dove la food cost scende al 24%, e soprattutto senza le molteplici attività di catering che si svolgono nel giardino del Piccolo Lago, dove la food cost è pari al 22%, “difficilmente i miei conti sarebbero in equilibrio”, rivela Sacco. “Dare certezze e uno stipendio a 135 persone che lavorano con noi non è uno scherzo, specie dopo la pandemia”, aggiunge, ricordando come sia stata un vero trauma: “Fino a poco tempo fa si aveva timore a fare qualsiasi progetto. Quello che ai tempi di mio padre andava bene per 5 o 6 anni, adesso va cambiato ogni 5 o 6 mesi!”. Non solo: “Quando lavoravo con mio padre, ero sul pezzo 7 giorni su 7: alla fine arrivavi a odiare i clienti ma quella era la normalità. Oggi la nuova normalità significa turni di lavoro ridotti, riposi più lunghi, ritmi più rilassati: la qualità della vita prevale sulla passione pura e sulla dedizione totale. Nulla da eccepire, ma occorre fare i conti con questa realtà, che va di pari passo con un costo del lavoro pari al 40%. Di qui la chiusura di Piano 35 lunedì e martedì e lo sgravio di 200 euro che ho girato tutto ai ragazzi (avrei potuto risparmiare 200mila euro!). La mia fortuna, se vogliamo anche un po’ lungimiranza, è stata quella di aver ampliato e diversificato le mie attività prima dello tsunami della pandemia, che ha cambiato anche i clienti. Se prima facevo 50 o 60 coperti allo stellato, oggi arrivo a 25 o 30 ma riesco a sopperire a questo vulnus grazie a tutte le altre attività del gruppo: il contratto con Banca Intesa mi consente di fare ristorazione fine dining in un contesto particolare e non facile come quello torinese, portando ‘immagine’ al mio partner e facendo utili; il catering per eventi aziendali e matrimoni nel giardino del Piccolo Lago, che può ospitare in strutture fisse e mobili fino a 330 persone sedute, a cui offro una ristorazione del tutto simile a quella del due stelle, fa il resto”.

In barca e su due ruote

Quali sono le prospettive del gruppo per gli anni a venire? Lo chiediamo a Marco Sacco: “Devo fare un passo indietro”, risponde. “Io ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre supportato nelle mie ‘pazzie’, da quando adolescente mi sono messo in mente di portare – io, piccolo ‘figlio’ di un piccolo lago dove non si era mai vista – una tavola da surf, a quando, da adulto, grazie a mia moglie Lella ci siamo messi a caccia di Stelle (Michelin, ndr). Noi chef siamo artigiani: se non ha alle spalle qualcuno che ti sostiene non è facile fare della tua passione un business. Non smetterò mai di ringraziare i miei genitori, mia moglie e ora i miei figli, che hanno deciso di entrare in azienda. E’ con loro che progettiamo il futuro: da un lato lo sviluppo della formula pic-nic gourmet mattina pomeriggio e sera a bordo di una barca elettrica sul lago (che sarebbe bello diventasse una…flotta), dall’altro, il progetto di portare l’esperienza del Piccolo Lago in giro per il mondo, in questo caso però su ruote, intraprendendo un viaggio per ‘esportare’ la nostra filosofia culinaria in tre diversi continenti…”.


MENU LUNGOLAGO: tappe, piatti, ingredienti e suggestioni

LINGOTTO
trota, lamponi, balsamico, fiori

La suggestione:

Prima tappa: vedo un pescatore a piedi nudi sui sassolini del lago e una trota che viene a guardare il nostro mondo prima di immergersi di nuovo nelle acque: non ha voglia di finire in tavola, per adesso…

LUMACA LUMACA
buccino, chiocciola, alga, prezzemolo, papaya

La suggestione:

Quest’anno ha piovuto tanto, quindi ci sono tantissime chioccioline. Vedendole, ci è venuta una suggestione: sia mai che, piano piano la lumachina di lago arrivi al mare, dove potrebbe incontrarne una “del posto” con cui fare amicizia o, chissà, persino l’amore?

BOTTARGA?
siluro, grano, platano, salicornia, coriandolo

La suggestione:

Entriamo nel bosco misterioso, dove vedi cose che sembrano ma poi… chissà se sono!

ZAFFERANE
rane, polline, crocus, cerfoglio

La suggestione:

Saliamo nel Montorfano, dove c’è solo un paesino e una ferrovia. Da quassù cominciamo a vedere cosa gira attorno a noi: il Lago Maggiore e poi la pianura e le risaie, dove gracidano le rane e dove abbiamo conosciuto due ragazzi “pazzi”, che hanno piantato zafferano…

RISO IN RISAIA
carnaroli, sake, miso, salsa all’alga spirulina

La suggestione:

Il collegamento più diretto tra la nostra terra e le risaia è l’acqua: attraverso i corsi d’acqua da qui partivano sulle chiatte i marmi che, arrivati a Milano, venivano impiegati per la costruzione del Duomo. Se questo viaggio lo facessimo dall’alto, magari su una mongolfiera, vedremmo risaie e perdita d’occhio sotto di noi, che proprio adesso vengono inondate. Sotto i sassi delle risaia puoi anche imbatterti in qualche sorpresa… 

CON IL TE’ DI PREMOSELLO
buratello, té, rosa

La suggestione:

Una anguilla piccola cotta al the verde che viene coltivato a Premosello, il borgo natio dello chef dove c’è l’unica – o una delle rarissime – piantagione di the verde in Europa…

IN VAL VIGEZZO
capretto, carciofo, coratella, erica

La suggestione:

Il capretto è un altro prodotto del territorio a kilometro… meno di zero. E’ un prodotto che riaccende in me il ricordo di mio padre, che da ragazzino mi portava in Val Vigezzo a prendere la carne dai Puliani. Allora c’era il papà, oggi c’è il figlio Stefano. Con loro ho una connessione sentimentale ininterrotta: andare a fare acquisti da loro è come tornare a casa. Di più: solo quando la materia prima la conosci profondamente la rispetti, e la cucini bene…

FUORI MENU
il piccione di Moncucco

La suggestione:

Piccione di Moncucco, proveniente dall’omonima Azienda Agricola Carne nella campagna vercellese, fa rima con allevamento etico e sostenibile: noi lo cuociamo due ore sulla brace allo spiedo. Un esempio di “cucina primordiale” legata al fuoco: i ragazzi si sono divertiti a sperimentare una cottura senza fronzoli, senza giri cervellotici…

CARBONARA AU KOQUE
il piatto firma di Marco Sacco

La suggestione (e il procedimento):

Con questa carbonara abbiamo voluto portare un piatto iconico italiano al confine della Svizzera! Per farlo, l’abbiamo un po’ adattata alla latitudine: ecco allora il tagjarin piemontese, la cottura breve (1 minuto e mezzo) per poi passare direttamente in padella, per non dissipare gli amidi dei tagliolini in acqua. E ancora: no olio d’oliva ma burro di montagna della val Formazza, e tolto il guanciale per usare prosciutto della Val Vigezzo tagliato sottile sottile e poi messo in forno e reso polvere, da usare sulla mantecatura. 

1974 50°
pannazuccherofarinacacaolatteuova…

La suggestione:

Dulcis in fundo, per festeggiare i 50 anni non poteva mancare una carrellata di tutti i dolci che hanno accompagnato, dall’infanzia, il percorso, e la vita, di Marco Sacco.

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