Skip to main content

Un tranquillo angolo di Milano, a un passo dal rutilante cuore di Porta Venezia si è fermato per un attimo: il Bar Picchio, al civico 11 di via Melzo, lunedì 29 aprile ha abbassato le serrande non per il solito riposo, ma per un addio: Paolo Scoccimarro, l’anima storica di questo storico bar meneghino, da 55 anni dietro il bancone del locale, a 83 anni ha preso commiato da una lunga vita dedicata al lavoro. Che, nel suo caso, significava anche custodire e tramandare decenni di piccole e grandi storie (di) milanesi: autoctoni, spuri o acquisiti che fossero. Proprio come lui, Paolo, originario di Trani, approdato a Milano in cerca di fortuna nel lontano 1969, portando con sé il calore del sud. Insieme alla moglie Caterina, ha rilevato e trasformato Il Bar Picchio in un crocevia di umanità, così come hanno fatto e fa(ra)nno i figli Carmen e Felice, che ne hanno raccolto il testimone, continuando a infondere nel locale quell’autenticità resistente al tempo e alle mutevoli mode.

Perché Paolo e la sua famiglia non sono solo titolari, ma il custodi di storie, dispensatori di sorrisi scambiati oltre il bancone, servendo caffè e cocktail classici preparati in versione più che “signature” potremmo dire casereccia, ma con quel di più di cordialità che rendeva ogni visita al bar un piccolo evento domestico e un piacere extra per la clientela, che, soprattutto di sera, era fatta da giovani, studenti e non, attratti dal clima familiare, cordiale, e dai prezzi ancora abbordabili nonostante ci si trovi a ridosso di uno degli epicentri della movida meneghina.

Sì perché Il Bar Picchio è sempre stato più di un semplice luogo di ristoro: è stato un baluardo contro la gentrificazione, un’oasi di prezzi accessibili e cocktail genuini, che hanno acceso le serate di innumerevoli anime della città. Le pareti, tappezzate di fototessere di clienti affezionati, narrano visivamente la storia di un luogo dove essere semplicemente se stessi.

Durante la pandemia, il senso di comunità che Paolo aveva sapientemente coltivato ha reso il Picchio un punto di resilienza e comunità per il quartiere. Tra quelle mura, generazioni di residenti storici, artisti di passaggio e studenti hanno trovato un rifugio, un angolo di normalità dove la vita senza fronzoli era celebrata ogni giorno.

Ora che Paolo è partito, la comunità lo ricorda con un tributo fatto di immagini e parole sui social network, echeggiando il calore di un sorriso che ha visto nascere amori e amicizie, che ha accolto confidenze e condiviso brindisi.

I funerali si sono tenuti martedì 30 aprile, nella chiesa di San Francesca Romana, dove amici, familiari e clienti hanno dato l’ultimo saluto a colui che ha saputo essere molto più di un barista: un vero amico, un punto di riferimento. E anche Milano, così vibrante e frenetica, si è fermata per un istante, in silenziosa reverenza, per poi tornare a brindare alla vita, al “chupicchio”, in onore di Paolo, l’anima indimenticabile del Bar Picchio.

css.php