di Chiara di Paola
Identità Golose si riconferma l’hub in grado di avvicinare culture e invogliare a nuove scoperte… perché una cena è solo un antipasto! A volte basta poco per innamorarsi (di una cultura, di un piatto, di una persona); sono sufficienti pochi dettagli capaci di stupirci o di farci sentire inaspettatamente a casa, ma anche di invogliarci ad approfondire un incontro estemporaneo per trasformarlo in conoscenza.
È stato così con Xin Ge Liu, recente ospite di una delle serate dell’hub milanese del gusto, che ha saputo conquistare i commensali in solo quattro piatti e invogliarli ad andare a conoscerla (davvero) nel suo mondo, a Firenze.
Un po’ di antefatti: dalla moda alla cucina
Classe 1993, Xin Ge Liu nasce in un paesino nella Cina del nord, quasi ai confini della Mongolia, e trascorre la maggior parte del suo tempo libero a giocare con i colori e i disegni e a creare abiti alla moda per le sue bambole. Tredici anni fa si è trasferita in Italia, a Firenze, dove si è diploma al Polimoda e ha iniziato a lavorare nel settore del fashion, ma fin da subito ha avvertito la necessità di unire l’amore per bello con quello per il gusto, e il desiderio di modificare la percezione della cucina cinese all’estero, cavalcando l’onda della crescente attenzione del mondo culinario nei confronti della moda. L’incontro con Lapo Bandinelli (classe 1989, suo attuale marito e socio) è l’occasione per la svolta: dapprima con l’apertura di Il Gusto Dim Sum nel quartiere di Porta a Prato, poi con l’inaugurazione di Il Gusto di Xinge a Firenze, dove porta avanti un’idea di cucina intesa come emozione, storia, comprensione e connessione tra culture e persone.
Una nuova connessione profonda tra bello e buono
Il Gusto di Xinge nasce dall’idea di proporre una cucina nuova, che testimoni la connessione profonda tra il cibo e la moda, partendo dalla tradizione cinese -ormai tanto popolare quanto spesso stereotipata- e reinterpretandola in modo creativo e con un’attenzione particolare per l’estetica dei piatti. Ogni pietanza esprime una naturale attrazione e ricerca del bello, dell’armonia e dell’equilibrio, con l’obiettivo di generare piacere per la vista oltre che per il palato e creare esperienze in grado di coinvolgere i sensi e la mente.
Cucina fluida, raffinata e senza confini
Da Il Gusto di Xinge si scrive un nuovo capitolo della cucina tradizionale del “Paese di Mezzo” che si riscopre raffinata seppur autentica, capace di evolvere ma restando se stessa. L’obiettivo della chef è andare ben oltre il concetto di fusion, per interpretare la naturalezza e l’inevitabilità con cui le cose, le persone e le abitudini cambiano, le culture si confrontano e si influenzano, traducendo queste dinamiche in una cucina che non possa dirsi più “cinese” piuttosto che “italiana” o “francese”, ma che sappia essere semplicemente se stessa, unica e assoluta come chi la prepara, eppure universale come i gusti di coloro che incontra.
Il menu include una ricca selezione di dim sum e bao preparati al momento con la minuzia sartoriale tipica della cucina orientale, in cui anche la forma tipica dello street food incontra i pregiati ingredienti delle dispense occidentali (come il foie gras, il riccio di mare, il tartufo toscano, l’aceto balsamico di Modena, lo zafferano, la mozzarella). Le porzioni, composte da 3-4 pezzi, sono pensate per essere condivise (“come si fa con i momenti felici” dice il menù), in un invito alla convivialità intesa come rituale antico ma sempre nuovo, fatto di esplorazione e piccoli gesti di complicità. Per rendere più perfetta l’esperienza non manca una simpatica mini-guida con le istruzioni per l’uso per gustare i bao al meglio: pizzicare la pasta con i denti, aspettare che l’interno si raffreddi, succhiare il brodo bevendolo direttamente dal bao, versarci all’interno l’aceto di riso e gustarlo “in sicurezza”!)
Non manca poi il pollo Shibari (legato con corde all’antica maniera orientale, preparato con 8 spezie e un brodo concentrato che rende la carne saporita e morbida), da gustare preferibilmente freddo: è una delle quattro ricette più famose della Cina, che attinge alla tecnica della legatura, marinatura e cottura chiamata Doukou ed è carica di significati simbolici; un piatto iconico che nasce da un sogno e da un bisogno, che allude ai legàmi, ai vincoli da stringere o da sciogliere, ai limiti da superare; una ricetta da mangiare con le mani, strappando la carne per liberarla dalle corde che la avvolgono, fino a raggiungere l’uovo nascosto all’interno, simbolo di cambiamento e nuova vita.
Un racconto autobiografico (e non solo) à la carte
Tutti i piatti in carta hanno una loro ragion d’essere, che si enuncia fin dal titolo (Emotion, Petit voyage, Insalata 4 felicità) ed è esplicitata da una poesia abbinata, che rende il menù una sorta di racconto autobiografico. Così, per esempio, i Glu Glu Bai (soffici panini cinesi con curcuma, pancetta e foglie di cavolo essiccato, cotti al vapore) sono un “ricordo d’infanzia di una fredda sera d’autunno… mentre ti affretti verso casa”, Dream of Red Chambers (polpette fritte di scampi e mozzarella) è ispirato all’omonimo libro cinese ma è anche l’evocazione della suggestione di un tramonto, un “un gioco che celebra l’amicizia e la famiglia” e un “dono da condividere con chi si ama”.
A parlare di Xinge, anche le birre, una Scotch Ale, una Stron Honey Ale e una Golden Ale, da sorseggiare in alternativa alla selezione di tè disponibile.
Un viaggio eroico, tra distruzione e continua rinascita
La cucina di Xinge è unicum nel panorama gastronomico italiano: più che cucina cinese, è un intero mondo, fatto di sapori, colori, concetti, creazioni e sensualità; è un racconto che parla al palato, ai sensi e alla mente; che affonda nei ricordi legati a un odore, a un abbraccio, a un momento, a un sogno, a un desiderio. È trasposizione concreta di un bisogno di lasciarsi conquistare dal momento e di renderlo eterno, di compiere un viaggio, come quello dei mitici eroi orientali, fatto di distruzione di sé per un fine più altro, quello di rinnovarsi, riscoprirsi nuovi e ritrovarsi. Senza più limiti. Proprio come un abito di moda punta ad essere qualcosa di più di un “involucro”, ogni piatto della chef smette di essere semplice “scatola”, per farsi forma, sempre nuova e sorprendente di ciò che chiunque ha dentro e quindi può istintivamente comprendere. A tavola e non.