di M. L. Andreis
Nelle terre “selvagge” della Valle Camonica, dove il sole bacia le rocce e il vento accarezza le viti, nasce la cantina Rocche dei Vignali. Un’ode alla viticoltura di montagna, dove la passione si intreccia con la tradizione, dando vita a vini unici, come melodie che raccontano la storia di questa terra aspra e affascinante.
Dall’alba al tramonto, i vignaioli di Rocche dei Vignali, instancabili custodi del territorio, cullano le uve con amore e dedizione. Come abili musicisti, orchestrando il ritmo delle stagioni, trasformano il frutto prezioso in bottiglie che racchiudono l’essenza della Valle.
L’occasione per assaporarne tutte le sfumature nel corso di una cena-degustazione organizzata presso il ristorante Locale di Milano, che, fedele al suo manifesto costitutivo fondato sulla volontà di collaborare e sostenere i piccoli produttori locali, ha dato vita a un evento capace di esaltare al meglio i vini di Rocche dei Vignali.
Collocato a pochi passi dall’Arco della Pace di Milano, è qui che Veronica Pagani (nella foto sotto) e Gaetano Spadoni hanno aperto quasi due anni fa il loro ristorante, dove si utilizzano solo materie prime di piccole realtà produttive di eccellenza ubicate a non oltre 100 chilometri di distanza dal capoluogo lombardo. Obiettivo: restituire valore alle piccole aziende del territorio, che non seguono produzioni intensive, ma il ritmo delle stagioni e ciò che la natura offre, riscoprendo il territorio e reinterpretandolo in cucina. Tutti i produttori da cui il ristorante si rifornisce hanno una forte passione per l’enogastronomia italiana, legata alla terra e alle tradizioni, ma anche alla ricerca e all’innovazione, oltre che alla sostenibilità.
Proprio come la cantina di Losine, dove la magia del vino della Val Camonica prende, anzi, RIPRENDE vita nel 1998, come racconta Gianluigi (Gigi) Bontempi (nella foto sotto), presidente della cantina-cooperativa che raggruppa oggi 18 piccoli produttori della zona. Un territorio dove, dopo la seconda guerra mondiale, la produzione vitivinicola era stata completamente abbandonata. Ma alla fine del secolo scorso, dopo una attenta selezione dei vitigni più interessanti dell’area, l’attività è ripresa grazie proprio a Rocche delle Vignole, il cui esempio verrà poi imitato da altre 25 piccolissime cantine che non fanno parte della cooperativa, l’unica realtà con più conferitori. Che sono ripartiti davvero da zero: basti dire che, se prima dell’ultimo conflitto mondiale erano 180mila gli ettari coltivati a vite nella valle, oggi sono 180 e al momento della ripresa 26 anni fa addirittura 80!
Nel 2003 nasce il disciplinare che prevede per la produzione dei Rossi le varietà Marzanino e Merlot e per i Bianchi Manzoni bianco e Riesling. Se in origine la proporzione tra le due produzioni era di 90 a 10, oggi si è arrivarti a 60 e 40 sempre – meno – a vantaggio dei rossi, mentre accanto ai bianchi troviamo anche uno spumante per il quale è stato chiesto il riconoscimento Dgp.
Risultato: a fronte di una resa per ettaro di 60 quintali, la produzione annuale ammonta a 30mila bottiglie, frutto dell’impiego di uve provenienti da tre macro aree principali, a loro volta caratterizzate da micro climi molto diversificati, anche a motivo di un altitudine che varia da 300 a 600-700 metri (il che si traduce in un periodo di vendemmia molto ampio, da fine agosto a ottobre). La commercializzazione è per l’80% interno alla valle stessa, principale destinazione Horeca.
Insomma: una produzione di nicchia che nasce dall’incontro di uve diverse, risultato di differenti condizioni climatiche e suoli. Lo rivelano gli stessi nomi dei vini, come lo spumante VSQ Metodo Classico Dèss, che in dialetto significa “gesso”, a testimonianza di un terreno calcareo che, ad esempio, il nonno del più recente dei conferitori e socio della cooperativa, Danilo Fedriga, un appartenente alla mitica Leva del ’99 chiamata alle armi nel 1917 durante la prima Guerra Mondiale, chiamava appunto “dèss”, materiale che caratterizza la zona ai piedi della Concarena, dove vengono coltivate le uve Chardonnay e Manzoni Bianco utilizzate per questo vino.
Nonostante la giovane età, riconoscimenti prestigiosi impreziosiscono già la storia di Rocche dei Vignali, a riprova della qualità dei suoi vini. Tra i premi più recenti, il Camunnorum 2018 Valcamonica IGT si è aggiudicato la Gran Medaglia d’Oro al Mondial des vins Extremes, mentre il Premio Vini Plus 2024 gli ha assegnato 4 rose camune.
Se la qualità di un vino si misura anche in termini di storia del terroir che lo esprime, tra i gioielli della cantina spicca sicuramente il Ca’ de la luce, sulla cui etichetta è raffigurata una casetta: si tratta della seconda centralina idroelettrica italiana, situata ai piedi del vigneto conferitore unico dell’uva da cui è prodotto, Solaris, che ha una pendenza al 50% (adatta ai camosci!). Di qui l’origine del nome: la popolazione che nel comune di Breno aveva avuto la corrente in casa prima che a Milano, chiamava l’edificio “Ca’ de la luce” perché pensava, nella naturale ignoranza del tempo, che da lì arrivasse un tubo di luce a illuminare il paese. Sono 1000 circa le bottiglie prodotto ogni anno di questo vino ottenuto da uve coltivate a circa 500 m.s.l.m. e caratterizzate dalla resistenza alle malattie fungine (PIWI).
Assolo invece deriva il nome dal fatto di essere costituito al 100% da uve Merlot, le più coltivate da quando è rinata la viticoltura dell’area: 500 le bottiglie realizzate con uve dalle indubbie qualità, coltivate nelle posizioni migliori della Vallecamonica, dove il terreno, il sole e il lavoro dell’uomo danno vita a un vino che fa affinamento in tonneaux per 12 mesi e racchiude in sé la tipicità della terra camuna.
Coppelle IGT Bianco deriva la sua etichetta dal simbolo della valle e della Lombardia (vedi lo stemma della Regione), la rosa camuna, che ha quattro piccole palline bianche al termine di ogni petalo/gambo, le “coppelle” appunto. Vino con una eleganza fruttata e floreale, è ideale con pesce e crostacei.
Infine, Camunnorum IGT Rosso è così chiamata per ricordare i numerosi ritrovamenti di epoca romana nella Val Camonica, in particolare la Civitas camonnorum, che era la città più importante della zona. Nasce da uve appassite nel fruttaio per un mese e mezzo, fermenta in acciaio e affina in in tonneaux per 18 mesi. La produzione è variabile perché devono essere usate uve Merlot, Marzemino e Cabernet assolutamente sane, quindi non tutti gli anni si produce: 6000 le bottiglie nel 2018, 2500 nel 2019. Di colore rosso rubino intenso, al naso sprigiona i profumi conferiti dall’appassimento con nette sensazioni di ciliegia e frutti di bosco, presenta sfumature di spezie e vaniglia legate all’affinamento. In bocca si presenta con grande struttura, tannini molto fini e lunga persistenza, per una gradazione pari a 16,0% (che però non si sentono, provare per credere…).
Da segnalare l’attività dei punti vendita “Sapori di Valle Camonica” a Breno ed Edolo (BS), due “templi del gusto”, dove i vini di Rocche dei Vignali si accompagnano alle eccellenze gastronomiche locali. Un viaggio alla scoperta di formaggi, salumi, farine, miele e tisane, un inno alla qualità a “chilometro zero”.
E per finire, questi i sapienti abbinamenti dei vini di Rocche delle Vignole nel corso della cena presso il Ristorante Locale:
Raspa dura lodigiana e miele: Dèss – Spumante VSQ Metodo Classico
Hummus di legumi, verdure di stagione crude, cotte e in crema: Coppelle – IGT Valcamonica Bianco
Riso “Cavaliere d’Italia” mantecato al Grana Padano, pulled di manzo, camomilla: Assolo IGT Valcamonica Merlot
Manzo scottato, patate CBT al burro, cipolle brasate: Camunnorum – IGT Valcamonica Rosso
Dolcezze finali.