Dal nome, alla location, dall’offerta al servizio: un luogo a Milano in cui sentirsi piacevolmente “altrove”… o meglio, al mare! Ecco Pisco, la casa del pesce “di parco”
di Chiara Di Paola
Pisco, un ristorante di pesce che, a Milano, nella suggestiva cornice dell’Arco della Pace, di fronte a Parco Sempione, permette di assaporare tutto il gusto della cucina di mare, in un’atmosfera che ricorda una raffinata osteria mediterranea o, ancor di più, una trattoria tipica della costiera amalfitana, con un ambiente accogliente e curato dove poter gustare dell’ottimo pesce di qualità senza cadere in eccessivi formalismi.
Un’eredità senza peso
Aperto nel 2012, il ristorante si aggiunge alla storica serie di locali della Dorrego Company, il gruppo capitanato da Fabio Acampora e da Alejandro e Sebastian Bernardez (già alla guida dei ristoranti El Porteño di Milano e Roma, e dei milanesi Living, Swiss Corner e Refeel Drink & More) e deve il suo nome a un distillato tipico del Sudamerica. Il “Pisco” infatti è un’acquavite dal gusto particolare, che deve il suo nome all’omonima città del Perù (importante centro vitivinicolo nell’area centro-meridionale del Paese) ed è considerata bevanda nazionale tanto in questo Stato quanto in Cile. La sua storia si lega al mare dal momento che – si narra – le navi mercantili che approdavano al porto di Pisco nell’Ottocento, non ripartivano mai senza aver fatto rifornimento dell’ottimo distillato.
Da qui la scelta del nome Pisco per contraddistinguere il ristorante che ha fatto del mare il suo punto di forza e il suo elemento distintivo rispetto alle altre realtà della Dorrego Company, che si caratterizzano soprattutto per la proposta di carne di ottima qualità.
Distinguersi nel “mare magnum” dei ristoranti di pesce
In un quartiere (quello che si snoda lungo corso Sempione, a fianco dell’Arco della Pace in uno dei luoghi iconici della città) dall’altissima concentrazione di insegne specializzate nella cucina di mare, Pisco ha saputo farsi conoscere e apprezzare per i suoi plateau di crudi, ma anche per i piatti cucinati, realizzati secondo preparazioni essenziali che esaltano la qualità di una materia prima lavorata con le tecniche più adatte a renderla protagonista di ricette attuali, gustose e leggere, che seguono la stagionalità degli ingredienti.
Il menu è una partitura a quattro mani
La gestione della cucina e l’ideazione del menù sono in mano all’executive chef Diego Macchi (milanese doc, da anni presenza consolidata nei locali del duo Acampora-Bernandez) e al resident chef Davide Stroppolo, entrambi interpreti di una cucina capace di rivisitare in chiave contemporanea la tradizione, valorizzando la qualità eccelsa del pescato, dei crostacei e, più in generale, di una materia prima che deve essere rispettata, celebrata ed esaltata.
Il risultato di questo sinergico impegno quotidiano è una proposta sfiziosa che declina i piatti della tradizionale cucina di mare mediterranea, senza rinunciare ad alcuni spunti internazionali ed esotici. Ne è un esempio la sezione del menu dedicata alle tartate e saprattutto al ceviche, il piatto più simbolo della cucina peruviana dichiarato patrimonio culturale nazionale nel 2004, dalla fine dello scorso anno inserito dall’Unesco nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Una ricetta antica, ormai diffusa in tutto il Sud America, a base di cubetti di pesce crudo marinato, servito con leche de tigre (“latte di tigre” ovvero una salsa ricavata dal liquido risultante dalla preparazione del ceviche stesso), mais tostato (cancha), patata dolce (camote) e peperoncino dell’Ecuador (aji rocoto); oltre alla versione classica, qui preparata con branzino, Pisco propone anche nella variante “mediterranea” di tonno, con l’aggiunta di una salsina al pomodoro. In più non manca la ricetta derivata del Tiradito, un carpaccio di pesce, in questo caso di ricciola, con salsa all’Aji amarillo mais tostato e sbriciolato, coriandolo e cipolla dolce.
La seconda parte del menu è più facilmente riconducibile alla tradizione culinaria italiana, ma è resa interessante dalla sorprendente alternanza di proposte assolutamente classiche (come le Acciughe del Cantabrico con crostini di pane e burro di Normandia; i Tagliolini di pasta fresca al crudo di mare e bottarga; gli Spaghetti con vongole veraci e bottarga di muggine in doppia consistenza; la Zuppetta di mare), preparazioni innovative che rivisitano ricette note (come non vedere nella Piovra croccante con cime di rapa saporite, pomodori secchi e spuma di patate un’interpretazione 2.0 dell “polpo con patate”?) e accostamenti contrastanti e volutamente provocatori (Battuto di gamberi rossi con ristretto di crostacei, ricotta di pecora profumata al limone e peperone crusco; Rana pescatrice avvolta nel lardo con crema di broccoli e scarola ripassata; Quadrucci con moscardini all’amatriciana e pecorino; Seppia cotta a bassa temperatura con porri fondenti, polenta nera di grano saraceno e chimichurri).
Tradizione e contemporaneità si fondono nei ravioli neri caserecci farciti con merluzzo mantecato e accompagnati da una salsa vellutata di pomodori datterini e una cruditè di calamaretti marinati alla clorofilla di basilico.
Trionfa ancora l’inverno nella seppia, cotta a bassa temperatura, con porri fondenti, polenta nera di grano saraceno e carciofi tostati.
L’omaggio a Milano non poteva mancare, ma si fa giocoso e accattivante nella sua declinazione “di mare”, con il “risotto giallo” trasformato in Risotto ai pistilli di zafferano e astice scottato e il suo ristretto e la “cotoletta” (o costoletta) di vitello mutuata in Cotoletta di tonno con carciofi tostati, crema di zucca piccante e pomodori confit.
Il risultato è uno studiato saliscendi tra elementi rassicuranti e altri in grado di stupire, tanto all’interno del singolo piatto quanto nel corso della degustazione nel suo insieme, che si trasforma così da semplice “cena” a vera “esperienza”.
Vini e liquori, dall’insegna alla carta
Pisco deve il suo nome all’omonima bevanda nazionale sia in Perù che in Cile: un’acquavite distillata da vino di uva moscato che le conferisce un gusto ricercato dal bouquet complesso. Considerando un’eredità tanto importante annunciata fin dall’insegna, il ristorante non poteva non caratterizzarsi per un’adeguata attenzione alla componente beverage e all’aspetto del pairing.
Com’è lecito in un ristorante di pesce tradizionale, la carta dei vini, scelti dal sommelier Emanuele Forte è tradizionalmente votata ai bianchi (tra cui il vino della casa il Giunco, vermentino sardo), ma di recente è stata ripensata e riassortita per fare un salto in avanti negli abbinamenti, guardando sempre più alle produzioni biologiche e biodinamiche.Tra le new entry si trovano eccellenze come il Timorasso Mezzacane che affina in anfora e il Sauvignon nel Vulcaia fumè Inama, ma anche bollicine come il Secolo Novo Franciacorta (che passa 12 anni sui lieviti) e lo champagne francese Blanc de blanc di Gaston Burtin e Duval Leroy, presente in carta anche nella versione Rosé.
Non mancano poi spirits e vini passiti, distillati classici e amari d’eccellenza da accompagnare ai dessert talvolta in modo sorprendente: si veda l’accostamento del Mezcal Raicilla La Venenosa alla Cheesecake scomposta al caramello salato, marroni canditi e cioccolato fondente, e quello del rum Ferrand Plantation 20th Anniversary o del whisky Matsui the Kurayoshi Sherry Cask alla Torta Pisco al cioccolato con pere nane glassate al rhum.
Infine, per quanto riguarda i superalcolici da fine pasto, oltre ai classici distillati e amari è possibile ordinare il “Pisco”, da degustare lentamente, trattenendo in bocca ogni sorso, come un rituale capace di riportare in vita il passato e rendere omaggio al luogo.
Lo spazio e l’atmosfera giusti per sentirsi “altrove”
A dispetto dell’ubicazione centralissima milanese, da Pisco l’ambiente è caldo, intimo e accogliente, grazie soprattutto a un progetto architettonico realizzato in modo da rispettare ed impreziosire gli spazi e gli elementi strutturali originali del locale. Le due sale si susseguono senza una vera soluzione di continuità, grazie alla presenza di elementi in legno che si alternano alle tradizionali e colorate ceramiche di Vietri; lampade ricavate da nasse originali (trappole per aragoste) ereditate dai pescatori e fissate a bracci mobili; muri con centinaia di foto di mare sia in bianco e nero che a colori e pareti di fondo coperte da gigantesche lavagne decorate a gessetto con aforismi sul mare e menù del giorno. In più, al centro dello spazio, proprio di fronte alla cucina a vista, c’è un vecchio lavandino genovese in pietra di fine Ottocento adibito a “vetrina espositiva” del pesce; un elemento voluto non solo come retaggio vintage bensì come rimando all’originalità, alla tradizione e alla consapevolezza di quanto la materia prima vada conosciuta prima di poter essere utilizzata ed esaltata nel menu.
Da notare come anche la dimensione del locale e il modo di vivere gli spazi segua il fluire delle stagioni e cambi durante l’anno: in inverno è un piacere lasciarsi avvolgere dalla dimensione intima e calorosa degli interni, quando le temperature si fanno più miti, Pisco mette a disposizione dei propri clienti un ampio dehors esterno da cui godere di punto di vista privilegiato sull’Arco della Pace e in cui trascorrere del tempo rilassante, vivendo la città con uno spirito nuovo. E se ci si concentra un po’… sembra quasi di sentire il mare!