L’importanza e il fascino di un terroir, della sua storia e delle sue tradizioni in un bicchiere: ecco in estrema sintesi ciò che un sorso di vino può comunicare, anche a un amante del nettare di Bacco che non sia necessariamente “cintura nera” in enologia. Un concetto che si sposa perfettamente con la produzione di Cave Monaja, un progetto visionario guidato dall’enologo Chul Kyu Peloso, noto come Andrea tra gli amici valdostani. Perché è ai piedi delle maestose cime delle Alpi che sorge la sua piccola cantina boutique che incarna la passione e il buon senso nella viticoltura.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
Originario della Corea ma adottato da piccolo da una famiglia italiana, Andrea ha messo radici profonde in Valle d’Aosta, trasformando un vecchio vigneto ereditato in un’affascinante avventura enologica. Il 2016 segna l’inizio di questo percorso unico. Un’amico offre ad Andrea la gestione di un piccolo vigneto di famiglia, una gemma di circa 400 metri quadri che rischiava l’oblio. Da qui, il progetto di Cave Monaja prende vita, ampliandosi nel tempo a circa 30 appezzamenti che si estendono su poco più di due ettari. Un’impresa ardua, considerando le quote altimetriche che vanno da 500 a oltre 1.000 metri alle pendici delle montagne.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
Il cuore di Cave Monaja è la filosofia di recupero e valorizzazione di vecchi vigneti, un’opera di custodia che va oltre la mera sostenibilità. Andrea si definisce il “custode” di queste vigne, modernizzando gli impianti senza alterarne l’autenticità. La sua missione è preservare non solo la biodiversità ma anche il patrimonio storico vinicolo della Regione.
La viticoltura di Cave Monaja è un elogio al buon senso. Mentre molte cantine oggi si orientano verso vigneti mono-varietali, Andrea abbraccia la biodiversità, coltivando varietà differenti per affrontare la variabilità delle stagioni e il cambiamento climatico, mantenendo la rappresentatività del terroir. Un’impresa logistica impegnativa, che per Andrea è (anche) un modo di rispettare la natura.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
E’ nel 2018 che nasce ufficialmente Cave Monaja, la prima azienda valdostana certificata per la sostenibilità nella vitivinicoltura “VIVA” del Ministero della Transizione Ecologica. Un impegno concreto che si riflette nella cura dei vigneti e nelle pratiche di cantina.
La cantina, situata alle porte di Aosta, è un modello di organizzazione razionale: dalla coesistenza di un vecchio torchio a una moderna pressa pneumatica, Andrea riduce al minimo l’impatto ambientale. Le fermentazioni avvengono in vasche d’acciaio di piccole dimensioni, seguendo metodi tradizionali per controllare le temperature in modo naturale.
Nella lotta alla tignola, Cave Monaja adotta moderni sistemi di confusione sessuale, evitando l’uso di prodotti che lasciano residui. L’approccio sostenibile si estende anche alla scelta dei lieviti, privilegiando ceppi selezionati per i vini bianchi e lieviti indigeni per quelli rossi.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
Il risultato? Una gamma di sei etichette moderne e naturali che hanno conquistato la critica e i cuochi stellati: Prêt à Boire BLANC e ROUGE incarnano l’avanguardia con affinamenti in anfora e serbatoio ovoidale. STAU, FOEHN, Monaja300 e SélectionMonaja completano l’offerta, raccontando storie uniche di antiche vigne e tradizioni vinicole. In particolare, STAU, che prende il nome da una corrente d’aria ascendente fredda, fa affinamento in botte di rovere francese per 12 mesi mentre FOEHN, che al contrario si riconnette al vento caldo discendente dalla Alpi (quello che riscalda pulisce e rende blu il cielo di Lombardia nei pochi giorni in cui spira da nord in inverno) nasce da vigne di 60-80 anni, è ricco di tannini e ha una acidità derivante da un affinamento di 18 mesi. La vecchiaia della vite schizza addirittura a 300 anni per parte delle uve da cui si produce il Monaja300, con radici che arrivano a 26-27 metri di profondità che sembrano trasmettere la solidità anche al vino. Si tratta di una vigne monumentale appoggiata a un’antica pergola nel villaggio di Farys, una frazione del Comune di Saint-Denis, letteralmente “salvata” da Chul Kyu.
Risultato: una produzione “chicca” da 7.000 bottiglie all’anno, in virtù di una resa per ettaro che si attesta su 25-30 quintali (rispetto a una media regionale di 100) su 30 appezzamenti che vanno dai 150 ai 3000 mq di estensione. Una produzione tanto più di fatto “eroica” che deve fare i conti con il cambiamento climatico e la siccità (nel 2022 la temperatura della Valle d’Aosta è stata di 2 gradi superiore alla media storica), che Andrea vuole portare a crescere fino a 15-20mila bottiglie all’anno, in primis aumentando la resa a 45-50 quintali per ettaro e secondariamente acquisendo nuovi appezzamenti.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
Impegno, passione, amore per il territorio in questo viticultore dagli inequivocabili tratti orientali ma dall’aplomb italiano e dall’accento valdostano che hanno dato vita a dei vini che hanno conquistato il palato di chef di fama come Enrico Bartolini, Antonino Cannavacciuolo, Carlo Cracco e i fratelli Cerea. Questo successo è la testimonianza di un approccio appassionato e rispettoso alla produzione di vini che sono vere “gocce di storia”. Cave Monaja, una piccola grande realtà nel panorama vinicolo italiano.

Aosta (AO), Cave Monaja. © 2022 Cristian Castelnuovo ©
L’occasione per assaporare la produzione della cantina l’ha offerta WineTip, il locale milanese nato nel 2000 su iniziativa di un gruppo di amici appassionati di vini: Massimo Cassamagnaga, Fabrizio Cimiotta, Alberto Cristofori, Federico Pedrazzi. Con una cantina ricca di oltre 4.000 etichette, per circa 100.000 bottiglie, accanto alla quale sorge una vault – ossia un caveau – composta da 90 wine locker e 3 wine room attrezzati per una capacità complessiva di circa 5.000 bottiglie, da WineTip è possibile inoltre organizzare un tasting in loco o una cena con show cooking di uno chef servita nella nuova sala degustazioni. Proprio come quella che ha visto i vini di Cave Monaja accompagnati dai piatti preparati dalla chef Lara Radaelli: tagliere di formaggi valdostani con miele e pane caldo, vassoio di mocetta valdostana, crostini di pane di segale con lardo di Arnad, polenta concia in cocottine, fagottino croccante con fontina valdostana e prosciutto, crespelle valdostane con funghi e fontina.