“Siamo ‘medici del sapore’: portiamo in tavola la gioia”
Un viaggio – non solo – culinario che parte dalle tradizioni dell’infanzia in Africa e arriva nella terra d’adozione, l’Italia, attraverso l’evoluzione delle tecniche e della maestria ai fornelli: questa in sintesi l’esperienza servita ai commensali da Victoire Gouloubi a Milano, dove la chef italo-congolese ha presentato il suo nuovo e sfidante progetto gastronomico: “UMA ULAFI – La golosa forchetta africana”.
Cibo, arte, cultura: un salotto di promozione
“Il mio obiettivo non è solo fare ristorazione ma creare una sorta di ‘salotto di promozione’ della cultura africana a 360 gradi, coinvolgendo accanto ai cuochi anche produttori, artisti, scrittori”. La chef Victoire Gouloubi arriva dal Congo, dove studiava, ma, quando raggiunge l’Italia, come tanti immigrati deve lavorare. Ma ha un vantaggio: trasforma una passione, quella per il cibo, nella sua professione. Con quale presupposto? Partire dalle tradizioni per portare la cucina africana nel mondo (del) fine dining. Di qui la filosofia (e l’obiettivo) di fondo di questa iniziativa, ospitata per l’occasione da Claudio Sadler, tra i maestri in passato della chef, nel suo locale di Alzaia Naviglio Pavese 77, semplice ma allo stesso tempo impegnativa: dimostrare come la cultura gastronomica del Continente Nero, profondamente legata alla figura femminile e materna, oggi possa essere valorizzata attraverso creazioni culinarie capaci di smantellare i pregiudizi sulla cosiddetta “cucina africana”, ridimensionandone la classica etichetta di “etnica e povera”.
Croce e delizia
Ed è proprio ciò che Gouloubi ha fatto nel corso di questa cena “numero zero”, che voleva essere la prima di una lunga serie di appuntamenti itineranti per promuovere la sua filosofia gastronomica. Affiancata dagli chef Antonio Bello, Sara Maccioni e Rossella Ioppolo, Gouloubi ha dunque realizzato un menu composto da sette portate che raccontano la ricchezza e la varietà delle pietanze afro-caraibiche. Un evento patrocinato dall’Ambasciata della Repubblica Democratica del Congo in Italia, dall’United States Foreign Trade Institute e dal Gambero Rosso, che rappresenta un vero e proprio attacco ai tanti stereotipi negativi e, ahinoi, a striscianti forme di razzismo vigenti anche in cucina, documentate di recente dalle cronache. “Quando si ha la pelle nera, uno può andare su Marte, può avere anni e anni di carriera alle spalle anche al fianco di uno stellato, ma la considerazione è sempre così… bassa, che sembra sempre dobbiamo salire più gradini degli altri. A maggior ragione se sei donna…”. Eppure, è proprio la gioia di essere donna e africana che Victoire vuole portare sulle tavole occidentali. “In Africa, cucinare è vista come una mansione casalinga, appannaggio delle donne: ecco perché sono le donne a tramandare le ricette di generazione in generazione, ed ecco perché non è facile trovare fonti di ispirazione: non abbiamo una grande tradizione di cucina scritta, né molti chef e proposte gourmet alle spalle cui fare riferimento”.
Un nido di donne…. in viaggio
Nondimeno, è questa realtà a motivare la chef: “Quello che mi sento di rappresentare è tutta la ricchezza che proviene da quel mondo, e da quel nido di donne, unitamente all’orgoglio di aver sposato la modernità nel corso della mia crescita professionale”. Sì perché proprio l’arte culinaria, cui Victorie Gouloubi dà forma nella sua massima espressione, può davvero essere uno degli strumenti attraverso cui realizzare una più composita e ampia rivoluzione culturale. Il viaggio da fare è lungo: secondo la chef, i cuochi africani spesso si “nascondono” per timore di essere considerati semplici esecutori di una tradizione etnica e arcaica. Ma l’Africa non è solo street food, ma una terra ricca di sapori, tradizioni e storia culinaria. Di qui una proposta afro-gourmet che apra, anzi, che spalanchi le porte di una nuova visione della gastronomia africana, lanciando al contempo un messaggio più profondo: UMA ULAFI vuole essere infatti un’opportunità per mettere in luce la figura della donna africana, un vero e proprio faro di forza e dedizione. E non solo in cucina, appunto: non a caso, durante la serata il pittore venezuelano Jonathan Rodríguez ha esposto una serie di dipinti dedicati alla donna africana, rappresentata come una regina dal cuore ardente. L’oro utilizzato nelle opere dell’artista simboleggia l’importanza di preservare le tradizioni tramandate dagli antenati. “La donna è una figura centrale nella società africana”, spiega Rodríguez. “Pura ed eterea, ha allo stesso tempo la forza di un baobab, un albero con radici profonde che si espandono attraverso il suo profumo”.
Non solo street food
“L’Africa è un continente con una vastissima ricchezza culinaria, frutto di tradizioni nazionali e di raffinati procedimenti sviluppatisi nei secoli”, riprende Gouloubi. “Il termine ‘cucina africana’ è troppo generico per racchiudere questa varietà. Voglio mostrare al mondo l’incredibile bellezza della nostra tradizione, fatta di colori, profumi e sapori unici”. La base fattiva di questa filosofia è la conoscenza degli ingredienti: “Se non li conosci, quello con i fornelli è un appuntamento al buio”. Ecco allora una pletora incredibile di ingredienti che nelle mani di Victoire danno vita a piatti semplici, dove puoi riconoscerli uno ad uno ma, in parallelo, apprezzarne l’insieme armonico. Basti pensare al fonio, un super food considerato il cereale della fertilità e della prosperità. A riguardo del quale, la chef smonta anche una fake news: “Dicevano che in Africa senza il grano ucraino ci sarebbero stati milioni di morti per fame: ma da sempre noi usiamo la farina fatta con i cereali come questo”! Allo stesso tempo, è in Europa che Victoire impara a non buttare le alghe che in Africa vengono considerate tossiche o trascurate, laddove sono una fonte di proteine vegetali per eccellenza.
Un ponte tra Africa e Europa
“Non voglio solo creare un percorso a tavola: per fare conoscere l’Africa in tutte le sue sfumature e componenti, bisogna parlarne della cucina che prende spunto della tradizione ma poi va avanti, progredisce, si evolve, si modernizza e si contamina. Voglio creare un corridoio, un punto di collegamento, valorizzando anche le produttrici africane, quelle che lavorano ad esempio il cacao o il burro di karité”. Ecco perché il concept UMA ULAFI, che si propone di unire cibo, cultura e arte, vuole anche essere promotore di inclusione e scambio economico tra Europa e Africa. Non è l’ unico obiettivo a medio lungo termine della cuoca: “Gli chef africani non scrivono ricettari, non c’è una traduzione scritta, ma orale, sperimentale: voglio portarli qui per fare cena a 4 mani” per rivelare – e allo stesso tempo contribuire a stratificare – una tradizione nuova della cucina afro-caraibica. C’è tanto da fare: “Quando ho iniziato c’erano pochissimi africani nel panorama gastronomico internazionale, per non parlare delle donne, a maggior ragione nere”. E progetti a breve? “Ora mi concentro su questo primo step, UMA ULAFI, poi se qualcuno investisse su di me per aprire un ristorante basato sul mio credo in cucina e non solo..”.
Victoire Gouloubi, una vita in tre piatti Pane pita di patate dolci farciti di trevisana confit, cipolla caramellata & lardo di colonnata al Penja “Io nasco italiana in Veneto, e questo piatto me lo ricorda sempre. Ho subito amato la trevisana, che collego in cucina gli asparagi africani con il mix di amarezza e proprietà curative”.
Ravioli con farina di Manioca alle mazzancolle su crema di Yuka al Lemon Grass & Olio rosso di Palma affumicato “Questo piatto è totalmente Africa, mi ricorda la mia infanzia”.
Spigola marinata al berbere, lenticchie nere Beluga stufate con alga Kombu e finferli al Karité “La spigola è il piatto che rappresenta la mia evoluzione culinaria verso la modernità: in Africa non si mangia carne o pesce crudo. Ho imparato in Europa a farlo”.