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Due famiglie, cinque tenute, tre doc toscane e tanta sostenibilità: ecco il poker di Carpineto. Che, a quasi 50 anni dalla sua nascita, vede ancora le famiglie dei fondatori Zaccheo e Sacchet alla guida di una azienda che su oltre 500 ettari coltiva e interpreta la diversità della Toscana attraverso le denominazioni più importanti della Regione

di Massimo L. Andreis

 

 

Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino: le tre denominazioni più importanti prodotte in 5 tenute sui territori più vocati al vino della Toscana. Questo è in sintesi Carpineto: una realtà ormai consolidata nel panorama vitivinicolo regionale e nazionale nata nel 1967 per iniziativa di Antonio Mario Zaccheo e Giovanni Carlo Sacchet. E sono ancor’oggi le loro famiglie a coltivare in modo sostenibile e neutrale all’impronta del carbonio 500 ettari di terreni di proprietà suddivisi appunto tra 5 tenute distribuite nelle zone storiche della Regione: Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino, Alto Valdarno e Maremma.

Antonio Mario Zaccheo a dx e Giovanni Carlo Sacchet a sin

Tra passato e futuro
“La tradizione ci spinge in avanti, l’innovazione ci tiene al passo coi tempi”: è in questo motto che si concentrano carattere e forza di Carpineto, due concetti inscindibili in mutuo e costante confronto che i fondatori hanno tramandato alle giovani generazioni in azienda.

In oltre 50 anni di vita, la superficie dei vigneti si è decuplicata, passando da 20 a oltre 200 ettari: è così che si è avverato il sogno di produrre le 3 denominazioni più importanti della Toscana: Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino.

Si accede in tenuta percorrendo una lunga (oltre un chilometro) strada bianca fiancheggiata da due filari fitti di cipressi secolari, a destra come a sinistra vigneti a perdita d’occhio le cui cromie cambiano ad ogni stagione. La dolce pendenza collinare permette una vista così ampia da scorgere dapprima gli antichi corpi di fabbrica settecenteschi con di fronte la cantina di architettura contemporanea, intravedere oltre i vigneti il piccolo lago riserva naturale circondato da prati e pioppi. Sulla sponda proprio sotto uno dei vigneti più belli insiste anche una tomba etrusca ancora mai scavata ma di cui si conosce l’esatto sito e le dimensioni. A destra, dopo un leggero saliscendi e il bosco di querce con la tartufaia naturale, l’antico uliveto. Insomma, uno scenario a tratti pastorale.

Sullo sfondo domina la mole maestosa del Monte Cetona e ancora oltre l’Amiata, dietro al quale maestoso scende il sole. Un sogno passeggiare tra i vigneti e degustare al tramonto. Se percorsa a piedi, passeggiando, la strada d’accesso già regala splendidi scorci sull’intera vallata a vigneti, una natura intatta di una bellezza tanto semplice quanto assoluta.

Un passo indietro
È il 1967 quando i giovanissimi Giovanni Carlo Sacchet ed Antonio Mario Zaccheo, 19 anni l’uno, 23 l’altro,
uno appena diplomato alla scuola di enologia di Valdobbiadene, l’altro cresciuto in Puglia nel mondo del vino e dell’agricoltura, creano la Carpineto. Obiettivo: lungi dal prediligere come spesso si faveva allora la quantità alla qualità, i due giovani soci, aspiranti imprenditori volevano produrre il migliore Chianti Classico che il territorio, oggi diremmo “terroir”, potesse offrire. La Toscana per loro aveva in questo senso un enorme potenziale per ottenere grandi vini di tradizione applicando le tecniche più all’avanguardia nei processi produttivi, aumentando gli standard qualitativi dell’epoca e tracciando da veri pionieri un sentiero che solo molti anni dopo altri avrebbero intrapreso.

Oggi come ieri, l’innovazione è nel DNA di Carpineto: Caterina Sacchet, enologa, Elisabetta Sacchet, Francesca Zaccheo e Antonio Michael Zaccheo, export manager della cantina, continuano a sperimentare, nel rispetto dei grandi valori storici della Toscana e di una qualità mantenuta su standard elevati, allo scopo di tutelare non solo le caratteristiche dei vini ma anche l’ambiente.

Nel corso dei decenni, Carpineto, mantenendo una struttura su base familiare, si è trasformata in una realtà di primaria grandezza: tre le linee e oltre 30 etichette, con una produzione complessiva di 3.500.000 bottiglie all’anno, con un export diretto verso oltre 70 Paesi, Canada e Stati Uniti in testa.

Gran parte della produzione delle 5 tenute, che ospitamo oltre 500 chilometri complessivi di filari, è costituita dai vini delle più prestigiose DOCG della Toscana. Rossi per lo più, Riserve di grande struttura ed estratto, vini estremamente longevi e alcuni bianchi molto apprezzati più quattro etichette di spumanti, un vinsanto di grande pregio e un’acquavite

Ed è soprattutto in Val di Chiana nell’Appodiato di Montepulciano, cuore moderno dell’azienda, che la vista spazia tra vigneti a perdita d’occhio dall’enorme superficie fogliare su 184 ettari di terreno su cui si pratica un’agricoltura di precisione con macchine e tecnologie di ultima generazione a bassissimo impatto ambientale, che permette di effettuare trattamenti esclusivamente al bisogno e mirati. Un modello in quanto a sostenibilità. Così come è un modello rispetto all’impronta di carbonio, con vigne e boschi che assorbono molta più CO2 di quanta l’azienda stessa ne produca. Senza dimenticare la scelta di alleggerire il peso della bottiglia delle riserve.

La cantina
Sono qui, tra i vigneti, anche la grande cantina di vinificazione e quella di affinamento, distanziata dall’antico complesso di fine Settecento. Edificata secondo i criteri di ecocompatibilità, con materiali per la bioedilizia, la cantina produce energia da fonti rinnovabili in misura maggiore ai propri fabbisogni: 4.500 metri quadrati suddivisi in tre ambienti, di cui uno ospita i locali per l’elevazione in legno in botti di diversa capacità, uno per la zona per la vinificazione, e uno destinato all’accoglienza con la zona degustazione e un ballatoio-salone con vista sulla bottaia al secondo livello. Tra le particolarità, un museo aziendale dedicato alla storia enologica a partire da fine Ottocento.

Tutto intorno, un’ampia area verde che degrada su un piccolo, suggestivo lago naturale. Sulla collina un uliveto monumentale di 12 ettari con le classiche varietà toscane, Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino, per l’olio extra vergine, che l’azienda produce in piccola e qualificatissima produzione da uliveti presenti in tutte e cinque le tenute.

La Tenuta di Montepulciano, un wine retreat di 184 ettari di terreno dedicati a vigneto, uliveto e bosco, non solo è l’ambiente ideale per la selvaggina che lo popola allo stato naturale ma è anche aperta ad attività enoturistiche: passeggiate in vigna, degustazioni, pic-nic, blind tasting, trekking, e bike, shopping.

I riconoscimenti
In questo Appodiato, da singoli vigneti, l’azienda ottiene tre Cru, prodotti solo nelle annate ritenute eccezionali: si tratta dei Vigne degli Appodiati, che esaltano le peculiarità di ogni singola microzona. Imbottigliati senza subire alcun trattamento, vengono rilasciati dalla cantina non prima di cinque anni di affinamento in bottiglia.

E sempre qui, dai vigneti di Montepulciano (86 ettari), Carpineto produce il Vino Nobile Riserva DOCG, che negli anni si è posizionato all’11° posto nella classifica di Wine Spectator dei 100 migliori vini al mondo, con un punteggio di 95/100 per l’annata 2013, al 26° posto con un punteggio di 93/100 per l’annata 2010, e 93/100 anche per le annate 2011 e 2012. Carpineto è l’unica azienda toscana a produrlo nella sola versione Riserva. Pluripremiato anche il Cru di Nobile Vigneto Poggio Sant’Enrico Vino Nobile di Montepulciano DOCG, sangiovese in purezza 100%.

È la particolare argilla blu presente in questa tenuta a determinare caratteristiche tali da avere permesso di produrre solo riserva, unico produttore di Montepulciano a posizionarsi all’apice della denominazione.

Il Brunello di Montalcino
L’Appodiato di Montalcino, in località Rogarelli, gode di una posizione privilegiata: collocato a 500 metri sul livello del mare, è uno degli insediamenti più alti della denominazione e tra i più panoramici con la vista che spazia sul centro storico di Montalcino (da cui dista 4 km) e inquadra l’intero perimetro della cinta muraria. Antichi casali in pietra circondati da querce secolari e tutto intorno 53 ettari di terreno di cui 10 di vigneto piantati a sangiovese grosso (3,5 h di Brunello, 5 di Rosso di Montalcino, il resto Sant’Antimo Rosso), un uliveto e un fitto bosco di macchia mediterranea.

La leggera esposizione verso nord, in posizione panoramica e ventilata, dona ai vini di questa tenuta un microclima unico (si rileva addirittura la presenza del muschio ai piedi dei vigneti), che conferisce al Brunello intensi e complessi profumi, una bella freschezza, eleganza, e grande longevità. Anche la tenuta di Montalcino è aperta per attività enoturistica (solo su prenotazione).

Il cuore storico
Il cuore storico dell’azienda è l’Appodiato di Dudda, a Greve in Chianti: è qui che è conservato emblematicamente un archivio enoico tra i più forniti, con un grande numero di annate storiche. Oltre all’archivio, molto spazio in cantina è dedicato all’elevazione nei legni. Mentre l’affinamento dei vini imbottigliati avviene in una cella sotterranea a temperatura costante che può ospitare fino a un milione di bottiglie! Il complesso è circondato da 8 ettari di vigneti a Sangiovese del Chianti Classico. Anche la Tenuta di Dudda è aperta per acquisti di vini con degustazione.

Tornando all’archivio, esso comprende Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello e Super Tuscan. L’idea di costituire un archivio delle bottiglie nacque agli stessi fondatori, Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo, loro stessi, ovviamente, grandi appassionati di vino, fin dall’inizio. Per dimostrare la longevità dei prodotti iniziarono così fin dai primissimi anni a conservare le annate più prestigiose nonché quelle più premiate.
“Male che vada”, dicevano, “ce le beviamo noi!”. Ma non è andata così…

Tra i clienti VIP, Bill Gates, grande amante del Chianti Classico e Celine Dion, che predilige un Super Tuscan, il Farnito Cabernet Sauvignon ma è rimasta colpita anche dal Vino Nobile di Montepulciano.

Almeno dagli anni ’80 in poi le bottiglie in archivio non sono mai state, e mai saranno, “pezzi da museo”, dicono in Carpineto. Si tratta infatti di bottiglie con un grande appeal per appassionati, ristoratori, enoteche di livello e case d’asta. Appeal dovuto soprattutto a cosa c’è in bottiglia, alle qualità intrinseche dei vini Carpineto dalla spiccata attitudine alla longevità e alle modalità di conservazione volute dagli stessi produttori, condizioni cioè ottimali sin dal momento dell’imbottigliamento. La procedura per chi acquista prevede che vengano etichettate al momento dell’ordine per assicurare una presentazione perfetta e spedite in una cassetta di legno sigillata.

Poco distante, l‘Appodiato di Gaville domina dalla cima di un colle: 65 ettari in uno splendido ambiente pastorale, per gran parte a bosco, una piccola parte di vigneti e ben 17 ettari di uliveto. Al centro della proprietà, un’antica costruzione storica con un frantoio.  
Last but not least, è in Maremma l’Appodiato di Gavorrano, con 165 ettari di terreni di cui dieci di vigne piantate a Vermentino, Merlot e Teroldego e cinque ettari di ulivi oltre a seminativi e bosco mediterraneo.

La sostenibilità
Da sempre attenta a tutti gli aspetti d’impatto ambientale della filiera, Carpineto, a cominciare dalla vigna, porta avanti una filosofia basata sulla ricerca della sostenibilità, della tutela della biodiversità e della riduzione al minimo dell’impatto dei fitofarmaci e del rame. L’obiettivo è la salvaguardia del suolo della vigna, la sua fertilità.

La cantina, indirizzata al risparmio energetico grazie ad un impianto fotovoltaico da 150KW nella tenuta del Vino Nobile e uno più potente in progetto nella tenuta del Chianti Classico, alle bottiglie, il cui peso è stato sensibilmente e progressivamente diminuito passando da 420 grammi a 360. Vetro più leggero significa meno combustibili fossili nella produzione ma anche nel trasporto verso i 70 paesi in cui Carpineto esporta.

E, a proposito di trasporto, sono appena state installate due colonnine di ricarica per veicoli elettrici (una per entrambe le tenute aperte all’enoturismo, Montepulciano e Dudda, Greve in Chianti) che saranno visibili sulle più importanti app dedicate e che dovrebbero incentivare l’e-tourism.

Da anni l’azienda pratica l’agricoltura sostenibile di precisione, con tutti i vantaggi ecologici ed economici che ne conseguono. Recentemente però Carpineto ha accelerato gli investimenti in automezzi agricoli 4.0 che, oltre ad essere più efficienti da un punto di vista dei consumi, consentiranno anche l’ottimizzazione dei consumi. Essendo geo localizzabili e programmabili da remoto, è possibile ottimizzare la programmazione dei tragitti e le aree di lavoro, limitando al minimo spostamenti inutili e massimizzando le efficienze.

E ancora, sostenibilità a 360° non solo ambientale ma economica e sociale, a cominciare dalle best practices nella politica aziendale partecipata con il coinvolgimento di tutti, e nella gestione dei dipendenti, dei fornitori e di tutti gli attori della filiera fino al consumatore. Un approccio innovativo proiettando nel futuro quell’intreccio virtuoso tra bellezza, storia, cultura, natura, stile di vita, coesione sociale.

Le api
Nell’ottima di tutelare la biodiversità e di restituzione alla natura di una parte di ciò che la natura ha dato a Carpineto, Antonio Mario Zaccheo ha dato vita alla BEEdrome, un’oasi di “felicità agricola” grande 4 ettari. Partendo dal presupposto che il vino è sentinella della biodiversità, da viticoltore il patron dell’azienda toscana è diventato anche… apicoltore. Come? Facendo sì che le api mettessero su casa proprio a Carpineto, come era auspicabile in un sistema, una filiera, che le aiuti a ritrovare l’habitat migliore.

“Fare il vino senza uccidere api e insetti e senza danneggiare l’ecosistema per noi è la normalità da sempre. Il contributo che le api danno alle produzioni agricole e al mantenimento della biodiversità delle specie botaniche selvatiche è immenso; mi sentivo debitore nei loro confronti”, spiega Zaccheo. Che aggiunge: “Con la loro piccola ‘proboscide’, la ligula, asciugano infatti i succhi zuccherini che attaccati da microrganismi potrebbero danneggiare gli acini. Ho pensato al pericolo che le api stanno correndo, e noi con loro, e in nome della sopravvivenza e continuazione della biodiversità, ho deciso di destinare una parte dei nostri terreni proprio a un’attività propedeutica ad incrementare il patrimonio apistico fornendo a questi preziosi insetti un campo sul quale prosperare e moltiplicarsi”.

A queste api vignaiole, collaboratrici preziose, Zaccheo ha deciso di dedicare dunque 4 ettari della tenuta: una sorta di “alcova” a cielo aperto, uno spazio ameno, pieno di fiori per vivere e prosperare. Detto, fatto: a Gavorrano, una manciata di chilometri da Cala Violina, in Maremma, tra boschi e campi collinari, nelle vicinanze di un piccolo laghetto fitto di rane e pesci spontanei, sono state posizionate le prime arnie tra due campi e una piantagione di frassini.

Il primo campo è composto da circa 2 ha di erba medica. Il secondo, di altri 2 ettari, è seminato con una miscela fiorita fatta di specie perenni e annuali che forniscono nettare e polline alle api. È quel che serve per una corretta attività delle api e fornirgli nutrimento per tutta la stagione. Si tratta di una miscellanea di sementi per tappeto erboso denominato “apistico primaverile” e composta da: aneto, ginestrino, grano saraceno, lupinella, erba medica lupolina, meliloto bianco e giallo, sulla, trifoglio incarnato, trifoglio resupinato, trifoglio violetto, senape bianca ed achillea.

Non solo: “Abbiamo cercato di pensare anche a una pianta particolarmente amata dalle api, la lavanda e stiamo sperimentando l’inserimento di vari tipi: lavanda vera, lavanda stoechas, e lavanda nana. Un altro passo di un crescente impegno in questa direzione”, chiosa Zaccheo.

 

 

 

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