Organizzata dalla Cantina toscana Dievole, una due giorni di incontri, di degustazioni e di buona cucina per scoprire come un territoir “baciato da Dio” ripensa e arricchisce la sua offerta turistica
Due giornate nel cuore del Chianti Classico per parlare di vini, di ristorazione, di olio extravergine e di erbe spontanee, di sport e di vita all’aria aperta, con lo scopo di comunicare meglio gli atout di un territorio unico, “baciato da Dio”. È questa la ratio che sta dietro l’iniziativa con cui la Cantina Dievole ha raccolto un gruppo di giornalisti attorno a tre tavole rotonde, nello scenario incantato del Dievole Wine Resort. Situato nel cuore della proprietà, a Vagliagli, a soli 12 Km da Siena, la struttura è in posizione privilegiata tra le colline del Chianti Classico, 70mila ettari di cui 7.000 dedicati alla viticoltura che oggi stanno diventando meta di un turismo enogastronomico che fa della qualità e della sartorialità dell’esperienza un nuovo sbocco della sua bellezza. Due giorni e tre incontri che avevano dunque uno scopo preciso: comunicare l’unicità di questo territoir-e, una destinazione ideale per winelovers in cerca anche di vita sana all’aperto in un’area unica al mondo, dove trascorrere del “buon tempo”.
Vino e ospitalità
In Chianti Classico si sta e si vive così bene che molti vogliono rimanerci. Un territorio unico che sa attirare anche importanti investimenti. La sua attrattività e il valore che oggi gli viene riconosciuto sono frutto di accoglienza, qualità, sviluppo, sostenibilità. Durante la prima tavola rotonda guidata da Filippo Bartolotta, giornalista enogastronomico, divulgatore e formatore, si affronta il tema Wine & Hospitality, due concetti che vanno a braccetto da ancora prima che nascesse il termine enoturismo.
Cultura del vino e arte dell’ospitalità che, come ha spiegato Stefano Capurso, General Manager di Abfv Italia, di cui è parte Dievole, nasce da un ragionamento fatto durante il secondo lockdown su quali attività programmare per il post Covid: “Di lì l’idea di un vento che, partendo da Dievole, offra il pretesto per raccontare uno stile di vita che caratterizza tutto il Chianti Classico, fondato non solo sul vino ma su una più ampia offerta di ospitalità fatta di ristorazione, prodotti del territorio e attività sportive o ricreative all’aria aperta”.
Insomma, si parte dal “Dievole way of living” come modello, da confrontare poi con altri operatori del territorio: produttori di vino, ristoratori, albergatori. Il punto di partenza è la convinzione che “solo dal confronto con altre realtà storiche di questa terra baciata dalla natura e dalla collaborazione con esse può scaturire una comunicazione che valorizza una denominazione e una terra che eccelle da secoli”. Ergo, la promozione complessiva del Chianti Classico come veicolo di promozione anche per Dievole.
Territorio vocato alla vite fin dal 1090, nel 2012 comincia a investire nell’azienda vitivinicola Dievole l’imprenditore petrolifero argentino (di origini italiane) Alejandro Bulgheroni, che porta con sè dalla terra natia – in molte cantine in cui investe in Uruguay, Napa Valley (California) e Bordeaux (Francia) – la visione di una produzione all’insegna di sostenibilità e rispetto per la natura.
Tre atout e un progetto… epocale
Dievole è un luogo e un’azienda con una storia di otto secoli nel cuore del Chianti Classico: 600 ettari tra Siena e Firenze simbolo del “Chianti way of living” e sinonimo di sostenibilità, oltre che di stile di vita autenticamente toscano, attraverso l’esaltazione di un territorio naturalmente votato all’ospitalità d’autore e alla produzione d’eccellenza di vini e oli extra-vergine d’oliva. Una filosofia aziendale che si traduce in un Manifesto del “bien vivre” moderno fatto di tradizione e innovazione, storia e nuova socialità, condivisione ed esclusività. È proprio questo il codice che accomuna tutte le tenute di Alejandro Bulgheroni Family Vineyards Italia, che da qualche anno ha realizzato un enorme investimento, nella ferma convinzione della grande capacità di rigenerarsi di alcune aziende vitivinicole, e in primo luogo di Dievole, localizzate nei terroir più prestigiosi della regione e tra i più apprezzati a livello internazionale: il Chianti Classico, Montalcino e Bolgheri. L’attuale proprietà ha scorto in questo luogo, che affonda le sue radici nel lontano 10 maggio 1090, giorno in cui il contratto del notaro Bellundo indicava il pagamento di due capponi, tre pani e sei “denari lucchesi” di buon argento per l’affitto annuale di una vigna nella valle Divina, l’emblema di un rinascimento contemporaneo del Chianti Classico way of life. Tre sono le anime di Dievole che esprimono il legame profondo tra l’uomo e la terra: il vino, l’olio e l’ospitalità.
La Cantina rinuncia presto alle barrique per dar spazio a grandi botti in cemento, coltivazione bio dell’uva e ospitalità; sono questi i tre atout dell’azienda in tutte le sue tenute: Le Colonne a Castagneto Carducci, Podere Brizio a Montalcino, Poggio Landi a Montalcino e Meraviglia a Castagneto Carducci. Proprio in quest’ultima Tenuta e a Le Colonne, le proprietà bolgheresi di Abfv Italia, sta prendendo corpo un progetto epocale nel panorama vitivinicolo italiano: Bulgheroni, che può contare oggi su 330 ettari vitati sta infatti realizzando una cantina simbolo dell’architettura enologica italiana. Basti dire che si tratta di un progetto da 15 milioni di euro con il quale l’ex cava di arenaria di Cariola, dismessa da oltre 30 anni, diventerà una cantina su tre livelli all’interno del sedime (al piano più alto il ricevimento degli ospiti e le degustazioni, con la possibilità di ospitare anche eventi sulle terrazze), in un’area di 5mila metri quadri in precedenza incolta e nel pieno rispetto del paesaggio e del territorio.
Il progetto è approvato e sostenuto dalla Regione Toscana, rappresentata alla tavola rotonda dalla vicepresidente Stefania Saccardi, che, nel suo saluto ha sottolineato l’importanza di fare sistema: “In Italia siamo bravi come singoli ma non altrettanto a giocare come una squadra, uno per tutti. Questa è la sfida che dobbiamo raccogliere imitando paesi come la Francia, ad esempio. Come Regione sosteniamo tutte le iniziative volte a comunicare la qualità del nostro territorio, la bellezza della Toscana, ben rappresentata tra le altre cose anche dal vino. Un mondo che fa parte a pieno titolo della bellezza di queste terre, di un sistema che attrae i visitatori oltre l’arte, per vivere un’esperienza turistica a 360° fatta anche di enogastronomia, ospitalità, vita all’aria aperta e sport”.
Secondo Saccardi, a questo evoluzione dell’offerta turistica della Toscana si collega la necessità di formare il personale, per renderlo capace di esaltare tutti gli aspetti di una proposta che deve chiaramente basarsi anche sulla qualità più che sui soli numeri. Come? “Ad esempio utilizzando una parte delle risorse del PNRR in questa direzione e in quella parallela della sostenibilità”. Non è mancata una nota polemica verso politiche del lavoro che non stanno certo incentivando la ricerca del lavoro: “In tanti nel mondo della ristorazione e dell’hotellerie denunciano la crescente difficoltà a trovare personale: ma finché si danno 600 euro per stare sul divano… E ve lo dice una politica che viene da tanti anni di gestione pubblica nel campo del sociale: ma se questo è fondato sull’assistenzialismo non serve né alle persone né al sistema nel suo complesso”, ha concluso la vicepresidente, non senza aver rimarcato la necessità di una formazione che non sia utile “solo ai formatori”, ma orientandola verso le esigenze di un territorio, sostenendo chi davvero non ce la fa ma promuovendo l’autonomia della persona.
Il turismo sartoriale
Laura Bianchi, di Castello di Monsanto, esempio di un’ospitalità basata sui valori della famiglia, all’aprire le porte di casa propria per far vivere un’esperienza ai visitatori, spesso mettendoci la faccia, ha invece sottolineato come il Covid abbia cambiato profondamente il turista enogastronomico: prima nel 90% dei casi era straniero mentre ora ha fatto la sua ri-apparizione l’homo italicus, “che prima conosceva solo mare e montagna e non concepiva una vacanza in campagna”. Ora che però la sta ri-scoprendo, occorre approfittarne e assecondarne questa tendenza predisponendo e organizzando una offerta ad hoc.
Anche perché, come ha detto intervenendo nel dibattito Filippo Giabbani, responsabile delle Attività internazionali e di attrazione degli investimenti della Regione Toscana, “stiamo assistendo al prolungamento della stazione, che adesso, in ottica enoturistica, va da febbraio a novembre”. Certo, si tratta di un turismo “mordi e fuggi” ma il compito di chi opera nel settore non è quello di lamentarsi dell’evoluzione ma di prenderne atto e rispondere in maniera positiva a queste nuove, mutate esigenze dei viaggiatori. Peraltro, è un modello che ben si sposa con una offerta di piccole e medie dimensioni come quella del Chianti. Dove i turisti, interviene ancora Bianchi, cercano esperienze “sartoriali”: “Chi viene a visitare una cantina vuole scoprire qualcosa di diverso, di unico, di non standardizzato: vuole, insomma, una visita costruita appositamente per sé o per un gruppo di persone”.
Un trend che registra e commenta anche Capurso: “Su 10 turisti che arrivavano prima del Covid, solo 1 era italiano. Ora però, l’italiano, esterofilo per definizione, vuoi perché obbligato vuoi perché ha riscoperto le bellezze della sua terra, sta capendo quante cose essa può offrire”. Di qui la comparsa di un tipo nuove di turista: “Il giovane che prima andava all’estero, ora indirizza la sua vacanza verso un’esperienza a 360° da noi: ecco perché siamo un wine resort”. Secondo il direttore di Dievole, l’allungamento della stagione impone la crescita della qualità dell’offerta. In che modo? Ad esempio con le produzioni vinicole bio e le certificazioni: “Che non sono dei bollini e basta ma un valore aggiunto reale”. Risultato: il 52% dei vitigni del Chianti sono certificati bio, e si va verso il 60%. “Al di là dei valori di sostenibilità insiti in questa svolta green, è il mercato dei consumatori che ce lo chiede, soprattutto quelli dei mercati del nord Europa e America”.
Marco Pallanti, di Castello di Ama, aggiunge ai temi trattati anche quello dell’arte: Castello di Ama rappresenta infatti un’esperienza unica, è la più grande installazione di arte contemporanea in Europa, e anche questo fa essere una destination. Infine, con Filippo Mazzei del Castello di Fonterutoli si parla di ospitalità ma anche dell’importanza della conservazione del patrimonio ambientale e immobiliare. Tutto questo senza trascurare gli importanti aspetti di ricerca tecnologica ed enologica che hanno interessato in questi anni il Chianti Classico, fino ad arrivare all’impegno delle UGA (unità geografiche aggiuntive). Insomma, quello ne otteniamo è un’immagine del Chianti Classico come modello non solo di enoturismo ma anche di sviluppo economico grazie in primis ad un’integrità paesaggistica che oggi è il vero valore di questo lembo di Toscana.
Il cibo del futuro
Nella seconda tavola rotonda che aveva per oggetto “Food & Future: la cucina tra tradizione e sostenibilità”, Monika Filipinska, chef del Ristorante Novecento, parte del Gruppo Dievole, racconta i punti fermi della sua cucina, dove un ruolo importante hanno le “erbe spontanee, legate a questo territorio, che si trovano solo qui e che uso seguendo in parte gli insegnamenti appresi dalle anziane che le raccolgono nei campi, che poi cuocio e impiego secondo il mio stile e il mio gusto per arricchire i piatti”. Obiettivo: non solo preparare buone pietanze ma far passare il messaggio che il cibo fa bene se preparato nel rispetto del corretto equilibrio tra le materie prime, che non vanno “rovinate”.
Un approccio alla cucina che vede dunque nella tradizione un punto di partenza per la riscoperta e la valorizzazione di ricette antiche, puntando su sapori semplici e ben definiti che possano esaltare le scelte fatte in termini di materie prime eccellenti e locali.
Come Dievole, anche il Castello di Spaltenna è oggi una vera e propria tappa turistica che richiama ogni anno clienti da tutto il mondo, che cercano autenticità e rispetto del territorio. Il Resort 5 Stelle di Gaiole in Chianti, con il suo ristorante stellato il Pievano, vedono la direzione generale di Alessandro Ercolani, che ha evidenziato come la sostenibilità sia un principio ispiratore da 10 anni della attività che guida nel cuore del Chianti Classico. Una “scoperta” che, non si nasconde, in origine aveva una valenza “economico”: “Ma abbiamo capito presto che andavano perseguite altre forme di sostenibilità: sociale, ambientale ed energetica”. Di qui la necessità in primis di far star bene i propri collaboratori, perché “se non sta bene chi lavoro con noi, e parlo anche di inquadramento contrattuale e condizioni di lavoro, avremmo un bel parlare di sostenibilità”, ma sarebbe una bella parola senza un vero contenuto, in poche parole. Sul piano ambientale invece, questa qualità ormai “di gran moda” si sostanzia nella scelta di produttori locali e di erbe stagionali, coltivate anche con un orto e un frutteto attorno al castello.
A raccontare la ristorazione di qualità sul territorio è anche lo chef Gaetano Trovato di Arnolfo Ristorante. Il patron del locale bistellato di Colle Val D’Elsa ha sottolineato l’importanza di pensare di continuo a nuovi progetti: “Senza, un’azienda non evolve, non resiste, non può andare avanti”. Alla vigilia del 40° anniversario dell’inizio della sua avventura in cucina, lo chef sostiene che il ruolo del cuoco non è quello di custodire gelosamente i propri segreti ma di divulgarli: “Non serve a nulla tenere le proprie expertise accumulate nel tempo in cassaforte: occorre restituire quello che si è appreso”, senza fare copia e incolla ovviamente: “Io porto i giovani con me dagli allevatori, dai produttori per imparare la qualità del nostro territorio e poi diffonderla. Qui i clienti devono trovare, nel grande come nel piccolo ristorante, ingredienti, sapori, prodotti e ricette locali”. Ma Trovato non trascura di sottolineare che per lavorare bene, ai ragazzi va data la possibilità di dividere il proprio tempo in modo equilibrato: “D’accordo lavorare, ma devono poter vivere: l’ideale è dedicare il 33% della giornata al lavoro, il 33% alla famiglia, il 33% a se stessi e l’1%… beh, come optional”.
A monte, la necessità di un sistema formativo che va profondamente cambiato: “Penso al modello svizzero, con una alternanza scuola-lavoro che va bene oltre i 15 giorni che si fanno nella scuola alberghiera italiana”. Essì, perchè ora che l’”effetto Masterchef” sta finendo, travolto definitivamente dalla pandemia che ha reso precario all’ennesima potenza operare nell’ospitalità in tutte le sue componenti, torna a galla il vecchio pregiudizio verso chi svolge determinate mansioni di servizio. “I ragazzi sentono come degradante nella considerazione generale lavorare nel mondo dell’ospitalità”. La soluzione? Secondo Trovato “devi far innamorare il personale del loro lavoro, senza farglielo vivere come una costrizione, come totalizzante, come il nemico”.
A sua volta Mirco Vigni, con il suo Osteria Le Logge nel cuore della città di Siena, a pochi passi dalla famosa Piazza del Campo, rappresenta un simbolo di lifestyle toscano per i moltissimi clienti di provenienza internazionale che cercano non solo cucina, ma anche un luogo di accoglienza e confronto: ecco perché, oggi come ieri, “è un nostro credo accogliere chiunque vuole venire come un Ospite con la o maiuscola, cui rendere piacevole tutta la sua permanenza”, ha detto Vigni. Da qui l’importanza di un personale che conosce un territorio “baciato da Dio” e sa orientale, motivare, fa apprezzare l’esperienza turistica in ogni suo aspetto.
Sport, aria aperta per una vacanza rilassante e… Eroica
La terza tavola rotonda, moderata dal noto giornalista Marino Bartoletti, ruotava intorno a una componente di crescente importanza nell’ambito dell’offerta di ospitalità del Chianti: l’attività all’aria aperta e lo sport. Che, a Dievole, si articola in passeggiate a piedi, in bici e a cavallo, e in percorsi all’aperto per vivere esperienze sensoriali per il corpo e la mente, grazie al contributo del team di Ants (Activity Nature Training Sense). Fondato da Daniele Tognaccini, per 20 anni deus ex machina di Milan-Lab, vede protagonista una squadra di giovani laureati in Scienze motorie, che insegnano agli adulti a risvegliare i cinque sensi per riattivare la mente, in un certo senso insegnano loro a tornare bambini, a giocare, a riscoprire sensazioni dimenticate, camminando scalzi, cadendo, sporcandosi di fango durante una passeggiata in bici.
“Allenare il cervello permette di renderlo più plastico, più reattivo e di conseguenza anche noi reagiamo meglio agli imprevisti della vita”, spiega Tognaccini, ideatore del metodo Activity Nature Training Sense, che, attraverso un’attività fisica mirata va a stimolare i sensi dell’individuo con lo scopo di migliorare il benessere della persona. Insomma: divertimento e aria aperta. Perché il sistema che ha insegnato ai suoi collaboratori non si svolge nel chiuso di una palestra, ma in uno spazio aperto: “Noi viviamo all’interno di scatole, siamo costantemente sottoposti alla luce artificiale, i nostri piedi sono chiusi in scatole. Ma pensiamoci, noi non siamo stati creati per questo. Per star bene abbiamo bisogno di allenare la plasticità cerebrale, riscoprirci, riscoprire i nostri istinti, re-imparare a camminare scalzi, re-imparare tante cose che magari da piccoli facevamo perché da piccoli si è più propensi a seguire i propri istinti. La natura ci mette davanti tanti stimoli, bisogna solo imparare a coglierli”.
A Dievole, l’Activity Nature Training Sense è disponibile in versione Gold solo per gli ospiti del Resort, per un massimo di 2 persone, su prenotazione. L’esperienza dura mezza giornata, dalla colazione al pranzo, ed è strutturata in una serie di semplici esercizi: si cammina scalzi lasciando che i piedi si adattino a tutte le superfici che calpestiamo, si mangia prestando attenzione ai sapori del cibo e si pratica attività sportiva all’aria aperta.
Il Natural Path si snoda lungo 27.6 chilometri nell’incantevole scenario del Chianti, tra viti, oliveti, torrenti e boschi, seguendo un percorso recuperato tra le antiche strade che i mezzadri percorrevano per raggiungere i loro poderi. Diviso in più tratti, il più breve circonda il borgo di Dievole per 3 km, si percorre anche a piedi ed è perfetto per visitare e vivere la Vecchia Fattoria con gli animali, il borgo e l’incanto della natura. Altri tracciati si addentrano tra boschi e campi e quindi ideali per praticare mountain bike, trekking e fare passeggiate a cavallo, per un’avventura tra suggestivi panorami, guadare torrenti e avvistare animali. Lungo i percorsi ci sono diversi punti sosta, per un picnic all’aperto o per riposarsi sotto i lecci e i cipressi secolari, prima di ripartire alla scoperta della natura e di luoghi della memoria come quello della battaglia di Monteaperti combattuta nell’anno 1260.
Infine, Giancarlo Brocci ha raccontato la nascita e l’evoluzione de L’Eroica, perfetto esempio di valorizzazione del patrimonio ambientale, di stile di vita sostenibile e di ciclismo pulito. Nata nel 1997, con 92 partecipanti, l’Eroica ha avuto negli anni un successo internazionale, con oltre 8000 iscritti a numero chiuso, di cui un terzo stranieri. Il percorso più lungo, di 209 chilometri e circa 4000 metri di dislivello, è anche un percorso permanente fruibile tutto l’anno con partenza e arrivo da Gaiole in Chianti.