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Con-te-nu-ti! Con-te-nu-ti! L’eco di questo termine, che nasconde molto più di una semplice parola, sembra moltiplicarsi in modo esponenziale, anche nel nostro settore. Se ne parla da un pezzo, per la verità, ma solo episodicamente questo valore era stato “applicato” al mondo dell’alta ristorazione, intesa nel suo complesso (cucina, sala, offerta vino, tecniche ecc.). Già Paolo Teverini, lo chef di Bagno di Romagna, aveva sottolineato dieci anni fa la necessità di “una cucina dal volto umano”, che sapesse intercettare i bisogni e i desideri della clientela ma che, soprattutto, fosse in grado di dare risposte chiare, salde, trasparenti, in una parola sola: ragionevoli. Senza definizioni astruse dei piatti, senza esagerazioni stilistiche, senza inutili eccessi. Una cucina del necessario, insomma. Il dibattito su questi temi è proseguito alacremente: personalmente abbiamo dedicato molto tempo e lavoro a questo tema, fino ad arrivare a concepire un convegno, un grande momento di incontro e confronto fra protagonisti della scena, che si terrà a Milano il 3 e il 4 ottobre prossimi. Non è certo semplice riunire gli “Stati generali della ristorazione” ma, proprio in nome di quei contenuti che vogliono essere il nostro focus principale, vogliamo valorizzare una particolare tipologia di offerta attraverso i suoi protagonisti che, coraggiosamente, puntano su alcuni (apparentemente) semplici concetti, che ci piace ricordare qui. Primo. Qualità estrema della materia prima: l’unico eccesso che la ragionevolezza consente è proprio questo… Ovvero, saper acquistare: selezione accurata dei prodotti (food, wine e tutto il resto), ricerca diretta del meglio reperibile sul mercato, conoscenza profonda di ingredienti, rapporto personale con gli imprenditori che lavorano con serietà e passione. Secondo: lavorare in cucina con profonda aderenza alle possibilità, senza strafare, ma favorendo il gioco di squadra, liberando la propria creatività in chiave di espressione del proprio stile, delle proprie sensibilità, del proprio talento. Ovviamente con l’obiettivo del miglioramento continuo, insieme all’affermazione della propria unicità. Sembra facile, ma richiede molta esperienza e, prima ancora, una predisposizione all’apprendimento, con l’aggiunta di una buona dose di umiltà. Che non riguarda solo una fase della propria vita professionale ma che deve essere una costante nel tempo. Sì, perché si può anche sperimentare, ma solo quando si padroneggia la materia ci si può permettere certe libertà. Nella ristorazione di qualità, i “sentito dire” fanno poca strada. Mi diceva Andrea Berton qualche giorno fa, parlando di alta cucina: “Si parla tanto di Tradizione: ma per applicarla al meglio, devi conoscerla molto bene, insieme agli ingredienti e alle materie prime: Massimo Bottura, per esempio, è arrivato ai livelli attuali anche perché grazie a talento e esperienza conosce a fondo i piatti della tradizione, le cotture giuste, i tempi, le tecniche adeguate… Anche qui sta la sua grandezza”. Terzo: pensare al cliente, puntando su una sua fidelizzazione che, come si sa, non passa solo attraverso la bontà dei piatti ma anche su come viene accolto e seguito al tavolo. E qui subentra il quarto punto: l’importanza della sala. Senza empatia con l’ospite da parte di chi lo serve, lo chef può creare piatti eccellenti che, ahimé, rischiano di perdere la propria forza se non comunicati correttamente. Il servizio di sala, continuiamo a ripeterlo, è fondamentale per la riuscita dell’impresa (perché di impresa si tratta, in tutti i sensi!). Cameriere, maitre, sommelier, ma anche figure dai nomi più impegnativi, come quella del restaurant manager, sono l’anima dell’offerta. Insieme allo chef, alla brigata di cucina, alla qualità e all’origine delle materie, alla presenza di attrezzature d’ avanguardia fanno il successo dell’attività. Chiaro che posizione, bacino di clientela, foodm cost e altre variabili correlate fanno il resto. Ma è dalla passione dei singoli e dalla conseguente capacità di trasmetterla alla squadra, con ambizione, identificazione e senso di appartenenza che nascono l’affermazione del proprio lavoro e la qualità dei risultati.

Alberto P. Schieppati

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