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Artù 69 copertinaNella ristorazione, molti si sforzano di offrire al cliente il massimo possibile (o quello che ritengono tale), consapevoli della difficoltà delle sfide quotidiane ma certi che il loro impegno venga apprezzato e ripagato nel tempo. Altri, invece, sembrano pesci fuor d’acqua: spesso si ritrovano imprenditori così, per caso, senza avere esperienza, background specifico, conoscenza delle dinamiche del mercato. Pensano che, per ottenere il successo, sia sufficiente avere abbastanza denaro da investire per assicurarsi una ottima ubicazione, nel cuore delle città o in zone alla moda o in località turistiche: il resto è relativo, perché – dicono – basta essere nel posto giusto al momento giusto. Purtroppo non è sempre così. Nonostante quanto dicesse Aldo Vagnozzi, fondatore di Atahotels (una catena alberghiera italiana di successo negli anni Ottanta), la posizione non è tutto e non è per sempre. Nel tempo le cose cambiano e location apparentemente “forti” possono rivelarsi da un momento all’altro, per svariati motivi, deboli e traballanti, soppiantate dall’affermazione di nuove e inattese aree di forte vitalità commerciali. O dal mutamento di destinazioni di quelle stesse aree. O da una presenza elefantiaca di locali che creano un bacino in cui “fare la differenza” è impresa improba. Se si vuole fare (e dare) qualità, ci vogliono anche altri ingredienti, di cui scriviamo da anni (rischiando di apparire scontati): preparazione del personale, cordialità dell’accoglienza, qualità delle materie prime, food cost adeguato, coerenza fra prezzo e valore dell’esperienza, decoro e pulizia degli ambienti, applicazione concreta di logiche di servizio verso il cliente. Insomma, un piano strategico in piena regola. E, soprattutto, una conduzione riconoscibile e competente, in grado di armonizzare il gioco di squadra grazie a regole condivise e di assicurare che la gestione sia strutturata, collaudata, statutaria. All’altezza delle aspettative, insomma. Tutti elementi che contribuiscono a creare l’immagine del locale e che – grazie a un passaparola onesto e disinteressato – ne accrescono visibilità e prestigio. Spesso però questi semplici concetti vengono disattesi e diventano subalterni rispetto all’importanza esagerata data alla location. Con il risultato di dare per scontato un facile business che, invece, non arriva. Non voglio qui scrivere un trattato di marketing sui fattori di successo di un locale, ristorante, bar o trattoria che sia: ma ci tengo a esprimere opinioni che ritengo discriminanti, ridimensionando la supremazia assoluta dell’ubicazione, insieme all’assioma che recita: “il locale è un investimento, compro oggi per rivendere al doppio domani”. Non è più così, se mai lo è stato, anche perché il rischio di “vendere male” è molto attuale. Potrei elencare decine di esempi in tal senso. Prima della “posizione”, dunque, conta lo stile dell’offerta del locale: il cliente che sceglie di fare un’esperienza particolare, tende a cercare il ristorante dalla cucina memorabile, dallo chef affidabile e preparato, condotto all’insegna del rispetto delle materie prime e della professionalità, seguendo degli standard non banali ma che garantiscono ogni volta lo stesso tipo di risultati (semmai sempre più elevati) , mettendo al riparo da brutte sorprese. Il valore della squadra, poi, deve essere percepito appena varcata la soglia del ristorante: se l’impressione è negativa, per quanto masochista sia il cliente, verrà trasmessa all’esterno un’immagine altrettanto negativa, legata a un ricordo sgradevole. Questa sensibilità è molto diffusa fra la clientela gourmet e gourmand internazionale, che si aspetta di trovare nel locale quanto viene “garantito” dalle recensioni portali, siti web o guide più o meno affidabili. Se non c’è rispondenza fra l’attesa e la realtà, aspettatevi pure una stroncatura (aldilà delle facili ironie sui motori di ricerca e sulle false recensioni, smartphome e ipad si sono ormai trasformati in guide gastronomiche last minute, in cui tutti dicono tutto, nel bene e nel male). Quando ce n’è motivo, possono essere uno strumento utile, facendo lor lo “sconto”. La ristorazione è una cosa seria. Non basta allocare denaro (spesso indebitandosi a vita), gestire un locale alla moda, ubicato nella zona più trendy della città, con lo chef più esibito e mediatico, per pensare di avere successo facile. Se non c’è stile, impronta, caratterizzazione, professionalità, capacità di gestire le difficoltà, beh… forse è meglio cambiare mestiere. Alberto P. Schieppati

© Artù

 

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