Finalmente un ristorante, a Venezia, che esula dalla fitta schiera di locali “acchiappaturisti” dai prezzi elevati e dalla qualità minima. Questo Ai Mercanti, magicamente ubicato in una piccola corte dietro Calle dei Fuseri, a San Marco, è davvero una bella scoperta, decisamente controtendenza. È pur vero che anche a Venezia la qualità dell’offerta, negli ultimi anni, è migliorata (un nome per tutti, il Vecio Fritolin di Irina Freguja, un ristorante da conoscere e frequentare), ma è altrettanto vero che sono ancora centinaia i locali senza arte né parte, gestiti con approssimazione e forti solo di location straordinarie. Ai Mercanti è un locale con pochi coperti, dentro e fuori, dove venire per apprezzare una cucina di sana creatività, frutto dell’impegno di Nadia Locatello, chef patron che conduce il locale insieme al marito, al figlio e alla compagna di quest’ultimo. Un gruppo di famiglia di straordinaria coesione e di rara cordialità, attento alle esigenze dei clienti e fortemente concentrato sulla qualità delle materie prime utilizzate, sulla definizione dei piatti, sulla gradevolezza delle presentazioni. Insieme a una carta dei vini molto ricca e mirata (con prezzi di rara onestà), che privilegia etichette di Franciacorta e Triveneto ma non disdegna altre provenienze, compresi illustre bolle francesi. Assaggiando i piatti di Nadia mi è venuta alla mente una frase di Einstein che dice che “la mente è come un paracadute: funziona solo se si apre”: e la cucina de Ai Mercanti mi è sembrata davvero molto aperta, frutto di una riflessione attenta e rispettosa di ingredienti e di materie prime. Fra i piatti degustati da Artù, segnaliamo la inedita tartare di gamberi rossi, pomodoro, mozzarella e acqua di kiwi, un piatto fresco, estivo, fuori dagli schemi; un risotto di gò (il piccolo pesce lagunare molto saporito, ingrediente di estrema tipicità veneziana), confettura di cedro e caviale di aringa; sgombro, rabarbaro, panna acida e cozze; petto di anatra in salsa asiatica; variazioni di cioccolato Valrhona. Un menù fantastico, in cui la discreta leggerezza dell’antipasto è stata poi surclassata dall’intensità gustativa del risotto, davvero eccellente, e dai due secondi, pieni e strutturati seppur raffinati e armonici. Anche gli abbinamenti, in questo caso tutti con le bollicine di Villa Franciacorta (Satèn 2010 il primo, Emozione 2010 l’antipasto, Cuvette 2007 lo sgombro e il petto d’anatra) si sono rivelati ottimali. Insomma, una meta gastronomica in laguna da cui, secondo Artù, è meglio non prescindere. Alberto P. schieppati
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