“Per le imprese del vino italiano l’export resta la strada maestra, ma attenti a non pensare che sia l’Eldorado. Ci sono mercati esteri molto difficili dove le piccole aziende non possono certo arrivare e anche per quelle strutturate il successo nei paesi lontani non è mai scontato”. Queste le parole di Ruenza Santandrea, presidente del gruppo Cevico, nella due giorni della prima Assemblea unitaria della cooperazione vitivinicola, che “rappresenta con orgoglio il 52% della produzione di vino del Paese”. Tema, quello sviluppato ad Arceto durante l’Assemblea, che ha toccato in tutti i suoi aspetti il tema dell’export, sottolineando come certi mercati siano ormai saturi, come quello cinese, o il problema delle esportazioni in Russia e Ucraina, già duramente colpite dalle restrizioni dell’embargo. Ma sono i numeri in questo caso a parlarci di un fervente mercato che guarda all’export come fonte di salvezza, numeri ben definiti da una classifica che delinea i Paesi che importano più vino. I dati, forniti sulla base delle raccolte di Winemonitor–Nomisma, rivelano al primo posto gli Stati Uniti con quasi 4 miliardi di euro di importazioni nel 2013, seguita dal Regno Unito (3,7), Germania (2,3), Canada (1,5), Cina (1,1) e Giappone (1,1). Ma se si guarda alla percentuale del vino importato rispetto a quella prodotta, si scopre che gli Usa, primo importatore, hanno una produzione nazionale pari al 70% ed importano solo il restante 30%. Stesso discorso per la Cina, mentre Regno Unito e Giappone hanno una quota di importazione pari quasi al 100%. “Si tratta di Paesi con un tasso di cambio tutt’altro che favorevole – spiega Denis Pantini di Nomisma -. In Cina le esportazioni di vino italiano sono non a caso calate, con una quota italiana sul totale di vino importato che è passata nell’ultimo decennio dal 14% a 7%”. Ma i dati confermano anche che, oggi, le principali cooperative, hanno raggiunto una quota di export sul fatturato che arriva in alcuni casi anche al 70% e oltre, e secondo gli ultimi dati le cooperative che hanno un fatturato superiore ai 40 milioni, hanno una quota di fatturato estero sul totale pari al 48%.
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