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Layout 1Spirito di impresa, passione per le tradizioni, amore per la terra, ma anche attenzione smisurata alle nuove tendenze del gusto. Secondo Spigaroli, lo chef che ha restituito immagine e vitalità a un prodotto straordinario come il Culatello di Zibello DOP, la cucina va vista nella sua evoluzione, strettamente legata alla memoria e al territorio ma anche saldamente legata alla riconoscibilità dei sapori, dati dalla unicità identitaria del luogo.

Lo senti parlare e sembra che abbia vissuto da mille anni in questi suoi luoghi sulla riva destra del Grande Fiume, talmente è vasta la sua conoscenza degli usi e costumi di questa striscia di terra che lambisce il Po e che va sotto il nome di Bassa Parmense. Invece Massimo Spigaroli, chef patron dell’Antica Corte Pallavicina, è un figlio degli anni del boom economico, che qui era arrivato sotto forma di dancing all’aperto con ristorante annesso, aperto dai suoi genitori nel 1961 sulle rovine del vecchio lido (un piccolo chalet gestito dalla famiglia Spigaroli fin dal 1920) con il nome di Cavallino Bianco. “Ci sono passati tutti” ricorda Massimo Spigaroli, sfogliando l’album in cui lui e suo fratello Luciano, giovanissimi aiutanti di famiglia, sono ritratti con Giorgio Gaber, Caterina Caselli, Luciano Tajoli e molti altri ancora, fino ad una gloriosa selezione di Miss Italia. Il Cavallino Bianco esiste ancora, è un ristorante tradizionale sapientemente gestito dal fratello Luciano, 05 Culatello_Sua_Maestamentre Massimo ha preso le redini dell’Antica Corte Pallavicina, ristorante stellato e relais ricavati nel trecentesco castello Pallavicino che i due fratelli decisero di acquistare nei primi anni Novanta. “Il legame con il castello è di antica data perché il mio bisnonno, dopo aver lasciato il podere del Maestro Giuseppe Verdi, venne qui a svolgere la sua attività di agricoltore – racconta lo chef -. Abbiamo impiegato vent’anni a restaurarlo, investendo anno dopo anno parte dei nostri guadagni, ma ne è valsa la pena”. Ne è davvero valsa la pena, e ben lo sanno le centinaia di turisti stranieri che la eleggono a privilegiata dimora nei loro tour italiani. Per gli ospiti è una base di partenza e arrivo per le città d’arte che si raggiungono facilmente da qui – Mantova, Parma, Cremona, Busseto e i luoghi Verdiani – ma anche per lo shopping nel quadrilatero della moda milanese o nel vicino outlet Fidenza Village, dove quest’estate Massimo Spigaroli è stato protagonista di un temporary restaurant voluto dalla Fondazione Altagamma che racchiude il top del made in Italy. Per poi tornare al tardo pomeriggio, inforcare la bicicletta che viene messa a disposizione al momento dell’arrivo e fare una scampagnata sugli argini prima della cena nel ristorante, segnalato ormai da tutte le guide internazionali. Ed è proprio li che va in scena l’incredibile cultura gastronomica di Massimo Spigaroli. Antica Corte PallavicinoNella sua cucina la quasi totalità degli ingredienti arriva dalla loro azienda agricola: dai celeberrimi salumi, Culatello di Zibello DOP in testa (di cui, va ricordato, Massimo Spigaroli è stato colui che lo ha portato alla fama internazionale, evitandone l’estinzione produttiva a cui stava andando incontro), agli animali da cortile che scorrazzano liberi negli ampli spazi dell’azienda ai maiali di razza nera parmigiana (altro recupero di cui va dato merito); dalle vacche bianche che pascolano placide nella golena del Po in cui è collocata l’Antica Corte Pallavicina, ai vigneti di Fortana che la famiglia Spigaroli ha ripiantato nella Bassa, ricavandone una serie di vini da premio. Per non dire delle paste, preparate fresche ogni giorno dalla giovanissima brigata che affianca lo chef, governata dal sous chef Angelo Durante e dal pastry chef Antonio Montalto. Un’impresa giovanile che in sala porta i nomi di Stefano Triuzzi, maître, e Silvia Pezzelato, sommelier, mentre all’accoglienza ci pensano Giovanni Lucchi e Zeno Ferrari. Ma torniamo alla visione culinaria di massimo Spigaroli che, con il suo concetto di evoluzione del territorio, ha dato una precisa identità ai suoi menu. “L’evoluzione del territorio l’ho applicata in apertura del ristorante, nel 2011 (dopo pochi mesi arrivò la prima stella Michelin ndr), e consisteva nell’ideare un nuovo modo di presentare i piatti della tradizione di questi luoghi, dove l’alimentazione è stata, per anni, sussistenza prima di evolversi in pAnguilla in agrodolce con uvette 1 (2)iacere. E al piacere va data anche una forma estetica. Questa era la prima esigenza” spiega Massimo Spigaroli. Ma dal momento che il personaggio rappresenta la quintessenza della determinazione e dell’ecclettismo, la ricerca non si è fermata e forse, più che di ricerca, si deve parlare di ricordo e di individuazione dei sapori, come racconta lo chef. “Oggi amo definire la mia cucina gastro-fluviale, per quanto è strettamente legata alla terra e ai suoi umori, umidità compresa. Va vista nell’evoluzione del sapore, che deve diventare a tutti i costi l’elemento identificativo. Un sapore fatto da ingredienti, passaggi di preparazioni e sistemi di cottura che non permettono di cucinare in nessun altro modo”. Massimo Spigaroli, ai tanti ragazzi che vogliono lavorare con lui, che passano nelle sue cucine per uno stage, che restano nella sua brigata dice sempre che “il frigorifero dellaCulatello di Zibello tua cucina è l’orto” e di non stupirsi se si trovano con le scarpe infangate perché la terra non è un pavimento ignifugo.“In queste terre, nei secoli scorsi, le case non si potevano costruire con i sassi perché non ce n’erano. Nascono i primi forni per cuocere i mattoni fatti con la terra del Po e quei forni hanno connotato anche le modalità di cottura” : ne è esempio la faraona cotta nell’argilla del Po avvolta in fette di Culatello che lo chef ha riproposto nella sua cucina gastro-fluviale.“Non si va più al ristorante come necessità o come ricorrenza. Le persone che scelgono di mangiare fuori casa lo fanno ormai per vivere un’esperienza e la mia scelta è quella di puntare tutto sul sapore. Da noi è quello antico, fatto di verdure fresche, animali da cortile, carni del territorio e pesci del fiume lavorati con semplicità, ma con forte senso dell’estetica, tali da rendere immediatamente riconoscibili i sapori” precisa Massimo Spigaroli. Entrambe le cose si evidenziano fin dalle prime battute della visita all’Antica Corte Pallavicina, mentre ci si reca – magica visione a cui mai ci abituiamo – alle cantine dei culatelli: uno straordinario esempio di architettura gastronomica e, come dice Sgarbi, dove i maiali, sacrificandosi, diventano architetti. Di Alberto P. Schieppati

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