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Creatività italiana. Organizzazione francese. Sono i due pilastri su cui si fonda il successo del Piccolo Lago di Verbania, ristorante che lo chef patron Marco Sacco, insieme al fratello Carlo, ha portato alle due stelle Michelin, trasformando un rinomato ristorante a conduzione familiare, con annesso piccolo albergo, in un’impresa, con al centro un ristorante di caratura internazionale.

Oggi il ristorante che si affaccia direttamente sulle acque del lago di Mergozzo è soltanto uno, seppure il principale, degli asset della Piccolo Lago Progetti (PlP), società costituita dai fratelli Sacco per portare a termine incarichi di consulenza e progettazione in ambito ristorativo e alberghiero in Italia e all’estero, come il lancio del ristorante River Club a Pechino, aperto nell’estate 2010 e presso il quale stanno tuttora lavorando due collaboratori del Piccolo Lago (uno in cucina e l’altro in sala) e la futura ristrutturazione di un castello di proprietà di un’imprenditore di Ivrea, che andrà a ospitare cinque diversi format di ristorazione. “Il lavoro per Plp – spiega lo chef Sacco -, mi assorbe nelle fasi iniziali d’impostazione dei singoli progetti. Una volta impostato il concept, però, comincio a delegare e, come in una piramide, il lavoro coinvolge un numero sempre più ampio di collaboratori che, in gran parte, si sono formati negli anni nel nostro ristorante. Io posso quindi tornare a occuparmi della mia passione: la cucina, e del Piccolo Lago, che resta sempre il mio primo lavoro”. Una cucina, quella di Sacco, che vede come protagonisti i prodotti tipici della Val d’Ossola, sia quelli dell’ambiente lacustre, come lavarelli, agoni, anguille e ancora verdure, crescioni, tarassaco, borragine e altre erbe spontanee; sia quelli delle montagne che si affacciano sul lago: finferli e porcini, formaggi, flan di bettelmatt piccolo lagobettelmatt in primis, capretto della Val Vigezzo, frutti di bosco. Ma anche le eccellenze piemontesi: dalla carne di fassona alle nocciole, al riso carnaroli, al tartufo; e di terre più lontane, che non possono mancare in un ristorante bistellato. Fin qui nulla di nuovo, potreste pensare. Ma sbagliereste. Ciò che rende assolutamente originale la cucina di Marco Sacco è il suo modo di lavorare le materie prime. Talvolta applica tecniche di preparazione e cottura prese in prestito da cucine di paesi lontani ai prodotti della Val d’Ossola. Altre volte le tratta con un mix di metodi di cottura tradizionali e moderni. Qualche esempio? Il riso bianco, pepe nero, raclette, cetriolini e cipolline. È un piatto nuovo, inserito quest’autunno nel menu degustazione dedicato al bettelmatt. “Abbina – spiega Sacco -, una preparazione tipica piemontese: quella del risotto, con una tradizionale delle vicine valli svizzere, la raclette. Sul risotto bianco al pepe nero, metto del bettelmatt bruciato al cannello. E abbino al piatto la cipollina e il cetriolo sottaceto, che non possono mai mancare nella raclette”. Ma anche il cipollone cotto al sale, fonduta, patata alla Williamine: in questo caso si tratta di un classico della cucina piemontese che Sacco reinterpreta inserendo, come in una matriosca al centro della cipolla svuotata dell’insalatina, un’uovo barzotto e della fonduta di bettelmatt. “Nelle prime settimane – precisa Sacco -, quando erano ancora disponibili funghi di piccole dimensioni, l’abbiamo servito insieme a un’insalata di funghi crudi. Da metà ottobre lo proponiamo invece con tartufo bianco d’Alba”. Sorprendente è pure il nuovo dessert nocciole, cioccolato amaro, liquirizia, gelato al tartufo bianco. “Al gusto classico della torta alla nocciola – spiega Sacco -, ho abbinato in questo caso un gelato a base di latte al gusto di tartufo. È un po’ un controsenso perché, per sentirne i profumi, il tartufo va scaldato. In questo dessert, invece, il tartufo risulta ingressopiccolo lagouna sorpresa. Non si percepisce con l’olfatto quando il piatto arriva in tavola, bensì soltanto col gusto, quando il gelato si scioglie in bocca”. Un classico di Marco Sacco, può invece considerarsi un concentrato della sua filosofia di cucina: è Evoluzione della tecnica, ovvero anguilla dal fuoco al roner. “In questo piatto – evidenzia lo chef -, abbino a un metodo di cottura primordiale, come quello sulla brace di faggio, che sgrassa l’anguilla, a uno modernissimo: la cottura sottovuoto nel roner, che ne esalta il gusto”. Un altro aspetto che distingue il Piccolo Lago da molti altri ristoranti stellati italiani è il metodo manageriale di interpretare la professione di chef e di ristoratore. In realtà Marco e Carlo Sacco non fanno altro che mettere in pratica, solo più in grande, gli insegnamenti di papa Gastone: “Ho fatto poca scuola – racconta Marco Sacco -, perché ho cominciato presto a dare una mano in cucina a mio padre. E a quei tempi (fine anni Settanta-anni Ottanta, ndr) si lavorava parecchio. Da mio padre, che è stato un grande cuoco, ho imparato la base della cucina italiana a tutti i livelli e la passione per andare oltre. Fin da giovanissimo, nei 3-4 mesi invernali di scarico di lavoro al Piccolo Lago, mio padre mi chiedeva in quale ristorante estero mi sarebbe piaciuto fare un’esperienza. E per estero allora s’intendeva Francia. Io lo sceglievo e lui telefonava per verificare se erano disponibili a prendermi. È così che ho imparato come vanno impostate le brigate di cucina e il servizio, come acquistare e preparare le materie prime, l’importanza del rigore, della costanza, dell’impegno”. Esattamente come faceva trent’anni fa suo padre, Sacco offre ai giovani più dotati che passano per la sua cucina e il suo ristorante la possibilità di crescere. Per agevolare i collaboratori che vengono da lontano, ha addirittura trasformato in foresteria l’ex albergo annesso al Piccolo Lago. Con gli anni ha creato così una “community” che man mano si è fatta più numerosa. “Uno dei gruppi di lavoro della PLP – racconta Sacco -, è per esempio coordinata piccolo lago cucinada un mio giovane allievo con un talento fuori dal comune. Si chiama Paolo Griffa, ha 22 anni e ha frequentato l’istituto alberghiero Giolitti di Torino, di cui è stato uno dei migliori allievi di tutti i tempi. Già nel 2009 ha vinto il Norvegian Seafood Challenge ed è appena stato premiato miglior cuoco del Piemonte. Bene, Paolo lavora sei mesi qui al Piccolo Lago e sei mesi all’estero, in strutture con 2-3 stelle Michelin. E il suo compito è fare esperienza e ragguagliarci su quello che apprende, così da verificare se al Piccolo Lago ci sono ulteriori margini di miglioramento. La stessa cosa ho fatto in passato con altri ragazzi come Cristian, che oggi lavora in California, Oscar, che sta partendo per l’Oriente, e Ruggero, che da 3-4 anni lavora come pasticcere a Mosca. I membri di questa community ogni anno tornano qui a fare un corso di due settimane, durante il quale vengono a contatto con l’evoluzione portata avanti nel frattempo dal Piccolo Lago e a loro volta lo arricchiscono con le loro ultime esperienze”. Un “do ut des”, insomma, che va a vantaggio di tutti. Sempre grazie al fatto di aver mutuato metodi organizzativi tipici dell’alta ristorazione francese, ma anche per la localizzazione del locale – che vive di flussi consistenti nell’alta stagione, da aprile a settembre, che si ridimensionano in giardino piccolo lagoautunno e inverno – e per la disponibilità di spazi all’aperto ampi e molto panoramici, perfetti per cerimonie private ed eventi aziendali, il Piccolo Lago va oltre il cliché del ristorante stellato italiano per pochi eletti. “Il ristorante bistellato – spiega Sacco -,occupa il primo piano della nostra struttura e dispone di una sua cucina e di tre sale. Due, entrambe da 25-30 coperti, sono delimitate da grandi vetrate e affacciano direttamente sulle acque del lago. Le utilizziamo durante l’alta stagione. La terza sala, da 60 coperti, è più interna, è riscaldata anche dal fuoco del camino e la utilizziamo nei mesi più freddi, quando fa buio presto e non si potrebbe neppure apprezzare il panorama del lago. Completa il tutto il tavolo dello chef, apparecchiato di fronte alla cucina in un ambiente delimitato da vetrate”. Al pian terreno, nella bella stagione, è operativa una seconda e più ampia cucina, riservata alla banchettistica. “Una banchettistica di qualità – assicura Sacco -, all’altezza delle 2 stelle Michelin del ristorante, perché utilizza le stesse materie prime e vede ai fornelli la medesima brigata, che si espande e si riduce a fisarmonica a seconda delle esigenze. Durante tutto l’anno è formata da otto persone, fra capi partita e secondi. Nella bella stagione raggiunge invece le 15-20 persone, con l’inserimento di commis apprendisti e stagisti”. Proprio la banchettistica è oggetto di un progetto di riqualificazione degli spazi, che verrà ultimato per aprile prossimo: “Sostituiremo l’attuale tensostruttura – anticipa Sacco -, con una costruzione semifissa, elegante e di design, che ci consentirà di valorizzare e sfruttare meglio gli spazi a disposizione. Il ristorante 2 stelle è e rimane il nostro zoccolo duro, ma si gioverà del maggior movimento che la rivisitazione del banquetting genererà”. Soltanto per un aspetto, ovvero la scansione della proposta gastronomica, il Piccolo Lago rispetta un’impostazione classica. Il menu à la carte è affiancato infatti da tre menu degustazione: Riprendere il passato (quattro piatti classici di Sacco), Modellarlo nel presente (sei portate realizzate con prodotti del territorio) e Proiettarlo nel futuro (nove piatti in cui le tecniche di cottura sono protagoniste) e da due un menu speciali, In cucina con Marco, che prevede 23 assaggi, e quello che cambia ogni stagione. In queste settimane il menu è dedicato al bettelmatt, mentre in primavera-estate è un percorso che richiama le sensazioni di una passeggiata lungo le rive del lago.

Luisa Contri

 © Artù

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